L’edificio fu messo in luce negli anni ’90 in via Carmine n. 2, nel corso di uno scavo per la costruzione di un acquedotto, in continuità con le indagini eseguite per la medesima occasione in via Licinio (vd. relativa scheda). Le strutture si articolano su quote diverse, secondo un andamento a terrazze che sappiamo caratterizzò l’urbanistica della città in età imperiale. La domus, i cui pavimenti conservati consentono una datazione dell’impianto alla prima metà del I sec. a.C., mostra tracce di ristrutturazioni che ne attestano l’uso almeno fino al IV sec. d.C. Sono stati messi un luce diversi ambienti, dei quali il vano 1, pavimentato in cementizio a base fittile, e il vano 2, in tessellato con pseudoemblema (immagini rielaborate da Capini 1991, 210; Capini/Ciliberto 2013, 394).
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I a.C. (1° q) al secolo I a.C. (2° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Via Carmine, triclinio 2, tessellato con pseudoemblema Il rivestimento è un tessellato a fondo bianco e ordito obliquo, articolato in due unità decorative, una campita da un punteggiato di crocette bicrome, l’altra interrotta da uno pseudoemblema policromo su fondo bianco.
Specifiche tecniche Lunghezza: 4.30 m – Larghezza: 3.50 m Identificazione della Decorazione: assente Tecnica Esecutiva: cementizio (cementizio a base fittile senza inserti)
Capini, S./ Ciliberto, F. 2013 (cds), Pavimentazioni inedite da Venafro, in Atti del XVIII Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (Cremona, 14-17 marzo 2012), p. 394, figg. 1-2, p. 394.Capini, S. 1991, Venafrum, in Samnium. Archeologia del Molise, Roma, p. 210, fig. 2.Capini, S. 1996, in Museo Archeologico di Venafro, Campobasso, pp. 35-36.