Nel 1931 (con consolidamenti terminati nel 1939), durante lavori di adeguamento per la costruzione dei magazzini del Teatro Reale dell’Opera, sistemato in una porzione del palazzo che aveva precedentemente ospitato il pastificio Pantanella, G. Gatti mise in luce resti di "un edificio antico" (Pietrangeli 1941) con strutture in laterizio in cui si riconoscono due fasi di utilizzo nell’ambito del II secolo d.C. Non è nota l’originaria funzione della costruzione: la critica ha ipotizzato, per lo più, che si tratti di un edificio pubblico (C. Pietrangeli 1941, p. 24), forse il tribunale citato da Cassiodoro (P. BIGOT, BCom 1908, fasc. IV, pp. 241-253, tavv. X -XV; D. CIALONI, "Il mercato centrale ai Cerchi e la Stazione al Circo Massimo. Ipotesi d’uso di una zona archeologica nei primi anni di Roma Capitale", in Bollettini della Unione Storia ed Arte, vol.CIII, 2011) o piuttosto, la sede di una corporazione in qualche modo connessa con i ludi circensi (I. Della Portella, Roma Sotterranea, Venezia 1999). La questione relativa al possibile rapporto con il vicino Circo Massimo (vedi scheda relativa) è, di fatto, dibattuta. L’originaria struttura,d’impianto regolare, caratterizzata da cinque ambienti con volta a botte comunicanti tramite porte con piattabanda di bipedali (I fase), fu infatti dapprima trasformata grazie alla realizzazione di due grandi scale (P e T, in pianta) sulla facciata, quindi rinforzata (II fase) con muri di sostegno (vedi scheda relativa). Nella seconda metà del III secolo d. C., invece, alcuni suoi ambienti furono adibiti a mitreo. Nella porzione dell’edificio interessata da tale rifunzionalizzazione, esigenze legate al culto resero necessari adattamenti architettonici, che solo in pochi casi, comunque, comportarono aggiunta di murature (caratterizzate da mattoni "rossi e gialli di varie misure disposti non troppo regolarmente e separati da spessi strati di malta chiara", Pietrangeli 1941, p. 7). L’accesso al mitreo avveniva probabilmente dal vano S (fortemente rimaneggiato in seguito a tale rifunzionalizzazione, al pari dell’adiacente vano R), attraverso il corridoio D, venutosi a creare in seguito alla costruzione del muro tra questo ambiente e il vano F, originariamente indivisi. Ulteriori tramezzature comportarono la creazione del piccolo vano C e dei due vani che costituiscono l’inizio del vero e proprio santuario (spaeleum o grotta): l’ambiente collegato a C tramite una porta sul lato settentrionale, con funzione forse di atrio, e l’ambiente E, con funzione di apparitorium. Ad esso si accedeva attraverso una porta architravata di marmo con incasso per il battente; sulla parete destra una nicchia rettangolare era rivestita com marmi bianchi e policromi. Nicchie precedute da edicole sono altresì ricavate al di sotto dell’architrave della porta dell’atrio, tra questo e la continuazione del corridoio dello spaeleum ; esse alloggiavano statue (dadofori?) come indiziato dall’esistenza in una di esse di una base in marmo. In questo punto il corridoio "taglia" per così dire in due l’ambiente GH della precedente struttura, formando due vani di minori dimensioni aperti al centro. Nella porzione H ciò avvenne attraverso la creazione di un muro addossato a quello di prima fase; nel vano G, completamente intonacato, si registra, invece, la costruzione di un podio in muratura (a sua volta intonacato). All’epoca della sistemazione del mitreo venne, inoltre, ampliata l’apertura tra l’ambiente GH e LM; tale ingresso era caratterizzato da un arco con "battente di sesquipedali sporgenti" (Pietrangeli 1941, p.15), nello spessore del quale su entrambi i lati, a livello del suolo vennero aperte nicchie a sezione semicircolare; una di esse conteneva un recipiente in terracotta per l’acqua lustrale, completamente interrato. In corrispondenza del centro dell’arco, sul pavimento, si apre un pozzo circolare (f, in pianta) profondo cm 65 e costituito da un’anfora interrata del diametro di cm 35, rotta in corrispondenza del labbro; al momento del ritrovamento essa conteneva alcune ossa e due denti di suino. Oltre questo ingresso si apriva la parte più importante del santuario, che insiste sul precedente ambiente LM. Qui, come di norma nei mitrei, si trovano su entrambi i lati i banchi (podia, o meglio praesepia, come suggerito da un’iscrizione rinvenuta ad Ostia), su cui sedevano gli iniziati durante le cerimonie e soprattutto durante il banchetto sacro che i fratres celebravano con il loro pater in memoria del pasto consumato da Mitra con il Sole. Il podio di sinistra è costruito nel vano M, vale a dire sotto la volta in fuga della scala P, che è stata però tagliata; su di esso è stato collocato, dopo gli scavi, il grande rilievo con Mitra Tauroctono di cui non si conosce l’originaria collocazione, dal momento che esso risultava forse già fuori posto nell’ultima fase di utilizzazione del mitreo. Il podio di destra occupava, invece, il vano L. La parete di fondo del mitreo presenta un arco ricavato nel muro più antico, in asse con le aperture architravate della costruzione di II sec. d.C. (occupando, anzi quasi interamente l’ambiente O del precedente edificio). L’intradosso di tale arco era rivestito di pietre pomici ad imitazione della roccia di una grotta; nel fondo si trovava l’edicola che conteneva in origine l’immagine del dio (un’iscrizione rivela il nome del dedicante Tiberius Claudius Hermes). Se il pavimento a commessi laterizi in parte conservato nel piccolo vano C appartiene di fatto alla precedente utilizzazione dell’edificio (II secolo d.C., I fase), risultando alla stessa quota di livello del rivestimento di analoga tipologia rinvenuto in una porzione del vano B (vedi scheda relativa), attestati risultano alcuni dei pavimenti in fase con l’utilizzazione del mitreo. Un rivestimento "di piccole lastre di marmo bianco e frammenti di marmi policromi che recano tracce evidenti di ustione" si conserva nel vano S, con soglia in travertino verso il corridoio Q (Pietrangeli 1941, p. 12; 1, in pianta). La prima porzione dello spaeleum, con funzione di atrio (2, in pianta) presenta una pavimentazione con lastre di bipedali, alcune delle quali presentano il bollo delle figlinae Domitianae (CIl CV, 1569; Boch 1938, pp. 311, ss.; 2a, in pianta), databili a partire dall’ epoca dioclezianea. La seconda parte, si impreziosisce, invece, di marmi policromi di spoglio: tra i materiali reimpiegati, si registra la presenza di un capitello rovesciato (3, in pianta). Lo stesso rivestimento in opus sectile continua nell’ambiente di fondo del mitreo (4, in pianta). Anche per il mitreo è stato, di fatto, ipotizzato un possibile (ma non precisabile) collegamento con il vicino circo. L’ingresso al luogo di culto si apriva, infatti, sulla via "ove prospettavano appunto le carceres del Circo" (Pietrangeli 1941, p. 21). In generale, l’area di fronte al Circo Massimo, situata alle pendici del Palatino e a pochi passi dal guado del Tevere, fu essenzialmente destinata, in antico, al commercio (Foro Boario) e ai servizi in genere. Le fonti, in parte confermate dai rinvenimenti archeologici, attestano nella zona anche l’esistenza di santuari e luoghi di culto; tra essi il mito di Ercole rivestiva, come noto, grande importanza. I resti dell’isolato adiacente al Circo Massimo, qui descritto, è per altro vicinissimo al sito della chiesa di S. Maria in Cosmedin; in prossimità della platea di tufo sulla quale fu poi costruita la cripta della chiesa, molti identificano l’Ara Massima sacra a Ercole.
Estremi temporali: dal secolo III d.C. (3° q) al secolo IV d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Pavimento costituito "da piccole lastre di marmo bianco con frammenti di marmi policromi", secondo la descrizione di C. Pietrangeli (1941, p. 12). Si tratta, di fatto, di un rivestimento in opus sectile a . L’apertura sul lato nord occidentale, verso il corridoio Q conserva una soglia in travertino.
Regio XI, mitreo, pavimento a commessi laterizi con bipedali
Il pavimento presenta un rivestimento a commessi laterizi con bipedali. Su alcuni di essi, il bollo indica la figlina che li ha prodotti.
Regio XI, pavimento in opus sectile a base marmorea e schema non modulare
Pavimento in opus sectile a base marmorea (marmo bianco e policromi) con schema non modulare, realizzato con materiale di spoglio.
All’epoca della sistemazione del mitreo venne ampliata l’originaria apertura tra l’ambiente GH e LM della fase più antica di utilizzo dell’edificio; tale ingresso è caratterizzato da un arco con "battente di sesquipedali sporgenti" (Pietrangeli 1941, p.15), nello spessore del quale su entrambi i lati, a livello del suolo vennero aperte nicchie a sezione semicircolare; una di esse conteneva un recipiente in terracotta per l’acqua lustrale, completamente interrato. In corrispondenza del centro dell’arco, sul pavimento, si apre un pozzo circolare (f, in pianta) profondo cm 65 e costituito da un’anfora interrata del diametro di cm 35, rotta in corrispondenza del labbro; al momento del ritrovamento essa conteneva alcune ossa e due denti di suino. Oltre questo ingresso si apriva la parte più importante del santuario, che insiste sul precedente ambiente LM. Qui, come di norma nei mitrei, si trovano su entrambi i lati i banchi (podia, o meglio praesepia, come suggerito da un’iscrizione rinvenuta ad Ostia), su cui sedevano gli iniziati durante le cerimonie e soprattutto durante il banchetto sacro che i fratres celebravano con il loro pater in memoria del pasto consumato da Mitra con il Sole. Il podio di sinistra è costruito nel vano M, vale a dire sotto la volta in fuga della scala P, che è stata però tagliata; su di esso è stato collocato, dopo gli scavi, il grande rilievo con Mitra Tauroctono di cui non si conosce l’originaria collocazione, dal momento che esso risultava forse già fuori posto nell’ultima fase di utilizzazione del mitreo. Il podio di destra occupava, invece, il vano L. La parete di fondo del mitreo presenta un arco ricavato nel muro più antico, in asse con le aperture architravate della costruzione di II sec. d.C. (occupando, anzi quasi interamente l’ambiente O del precedente edificio). L’intradosso di tale arco era rivestito di pietre pomici ad imitazione della roccia di una grotta; nel fondo si trovava l’edicola che conteneva in origine l’immagine del dio (un’iscrizione rivela il nome del dedicante Tiberius Claudius Hermes).L’ambiente conserva un pavimento in opus sectile.
Estremi temporali: dal secolo III d.C. (3° q) al secolo IV d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Data: 1931
Regio XI,opus sectile a base marmorea a schema modulare centralizzato
Parte dell’ambiente: aula
Rivestimento con scansione: a copertura unitaria
Tipo di impaginazione: centralizzata
Cromia: policromo
Il rivestimento in opus sectile a base marmorea è caratterizzato da uno schema non modulare centralizzato che prevede una rota di alabastro circondata da una zona quadrata in cipollino. Gli altri marmi policromi impiegati, tutti di reimpiego, sono, tra gli altri bigio e breccia corallina.
Estremi temporali: dal secolo III d.C. (3° q) al secolo IV d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Campo
Specifiche tecniche
Identificazione della Decorazione: geometrica
Tecnica Esecutiva: opus sectile (sectile a base marmorea)
Reimpiego: I marmi utilizzati nella pavimentazione sono tutti di reimpiego.
INDIRIZZO WEB: http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=17116