L’area circostante la chiesetta della Màinizza, situata a poca distanza dal fiume Isonzo, venne scavata del Dreossi nel 1943. Egli individuò i resti di un complesso abitativo notevole, oggi non più visibile ma documentato dalla massiccia diffusione in superficie di resti fittili e lapidei nei contigui terreni ad uso agricolo. L’edificio, identificato come villa (interpretazione preferibile a quella di Brusin che parla di complesso termale), era costituito da una serie di corpi articolati tra loro. Il settore meglio conservato, orientato in senso est-ovest, si componeva di tre vani adiacenti, a pianta rettangolare e di diverse dimensioni, che misuravano complessivamente m 12×26.5. All’esterno del muro meridionale si addossavano tre strutture semicircolari con diverso diametro, identificate come vasche e senza alcun rapporto funzionale con l’interno dell’edificio. La lettura della planimetria allegata alla relazione di scavo del 1943 fa supporre alla Strazzulla che l’edificio presentasse fondazioni in pietra e muri in laterizi, conservati per alcuni tratti anche in alzato e indicati in neretto. Nei punti A e B i muri erano interrotti subito al di sopra del livello delle fondazioni dal passaggio di una canaletta con fondo in laterizi, che andava probabilmente a confluire in un canale con fondo in mattoni e digradante verso l’Isonzo. In diversi punti non meglio specificati si rinvennero resti di rivestimenti pavimentali in tessellato bicromo (tra i quali un lacerto che misurava m 1×1), in cementizio e a commessi laterizi; sono state inoltre recuperate lastrine di rivestimento in marmo bianco. I pavimenti non vennero tuttavia messi in luce per intero, perchè Dreossi eseguì lo scavo limitandosi a seguire l’andamento dei muri di fondazione con fosse poco più larghe dei muri stessi. Non è pertanto possibile stabilire una corrispondenza specifica tra i pavimenti e gli ambienti messi in luce. Tra i materiali rinvenuti si segnalano numerose monete che coprono un arco cronologico dal I al IV sec. d.C. e un frammento di decorazione architettonica in breccia africana, oltre a parti di colonna in calcare locale. E’ probabile che l’edificio sia da porre in relazione con la mansio ad pontem Sonti, collocata dal Bosio appunto in questa zona. In effetti ritrovamenti di materiali romani nella zona si registrano già a partire dalla fine dell’Ottocento (due are votive con rappresentazioni dell’isonzo e monete), costituendo un’ulteriore riprova, secondoTagliaferri, dell’esistenza di un insediamento di notevole importanza in uso fino al IV-V sec. d.C., collocato lungo la via Aquileia-Emona e in corrispondenza dell’attraversamento del fiume. Sempre nei pressi della chiesa vari ritrovamenti fanno supporre l’esistenza di una necropoli ad incinerazione, che si situava con ogni probabilità ai lati della strada.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati epigrafici
Tessellati bicromi dalla villa di Farra d’Isonzo Tratti di rivestimenti pavimentali in tessellato bicromo, tra cui un lacerto che misurava m 1×1. Dei pavimenti non si possiede nè descrizione nè documentazione fotografica.
Non è possibile stabilire una connessione tra i pavimenti rinvenuti e gli ambienti messi in luce. Non è perciò chiaro quale dei vani fosse rivestito in cementizio.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati epigrafici
Specifiche di rinvenimento Data: 1943
Cementizio dalla villa di Farra d’Isonzo
Parte dell’ambiente: intero ambiente Rivestimento con scansione: non documentato Tipo di impaginazione: a campo omogeneo Cromia: monocromo
Lacerti di rivestimento pavimentale in cementizio a base fittile; del pavimento non si possiede descrizione nè documentazione grafica.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati epigrafici
De Franceschini, M. 1998, in Le ville romane della X regio Venetia et Histria, Roma, pp. 359-360, n. 301, fig. 83.Dreossi, F. 1943, Regione X (Venetia et Histria). Farra d’Isonzo (Gorizia). Scavi eseguiti in località Monte Fortin e nell’ubicazione della presunta stazione di “Ponte Sonti”., in Notizie degli Scavi di Antichità. Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei., Roma, p. 195, fig. 6.Tagliaferri, A. 1986, in Coloni e legionari romani nel Friuli celtico. Una ricerca per la storia. Volume secondo. Documenti., Pordenone, p. 345, GR 414.
STRINGA BIBLIOGRAFICA: Brugnolo, Gaia, Cementizio dalla villa di Farra d’Isonzo, in TESS – scheda 4687 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=4687), 2007