Nel comune di Duino-Aurisina, presso le foci del Timavo, si trova un complesso romano di notevole estensione, identificato come villa. L’edificio venne scoperto nel 1976, in occasione dei lavori di posa di una condotta destinata a rifornire l’acquedotto di Trieste: la scoperta determinò l’intervento della Soprintendenza, che si limitò in un primo momento a realizzare alcuni saggi condotti dalla dott.ssa Maselli Scotti. Vennero messi in luce una serie di ambienti che si articolavano su tre livelli diversi, disponendosi lungo il pendio della collina digradante verso il mare, con andamento nord-ovest/sud-est. Gli interventi nella zona si sono poi succeduti attraverso una serie di campagne di scavo terminate nel 1991, con l’istituzione del parco dell’acquedotto Randaccio al cui interno sono attualmente visibili e visitabili i resti della villa. L’edificio, che in un primo momento fu ritenuto sede della mansio "Fons Timavi", è invece da considerarsi una villa: l’impianto originario si data, sulla base dei materiali ceramici rinvenuti e di considerazioni stilistiche relative ai rivestimenti musivi, al I sec.a.C. In questa prima fase la villa sembra essere stata caratterizzata da ambienti di dimensioni modeste e con il medesimo orientamento rispetto a quelli di epoca augustea; in alcuni casi i vani, con destinazione prevalentemente non abitativa ma legata ad attività produttive, conservano tracce della pavimentazione originaria. A partire dall’età augustea e fino a tutto il III sec.d.C. il complesso conobbe un notevole sviluppo edilizio, che comportò non solo l’ampliamento dell’edificio ma anche la ristrutturazione e la ripavimentazione di alcuni vani. L’ultima utilizzazione della villa, segnata dal declassamento generale di tutti gli ambienti e dalla costruzione di alcune vasche dalle funzione non precisabili, si colloca nell’ambito del IV sec.d.C.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I a.C. (1° q) al secolo I a.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Cementizio dalla villa dell’Acquedotto Randaccio Rivestimento pavimentale in cementizio. Il pavimento appartiene ad una fase successiva all’impianto originario della villa, ma non è possibile stabilirne con precisione la cronologia.
Tessellato a fila di torri dalla villa dell’Acquedotto Randaccio Parte di rivestimento pavimentale in tesssellato con decorazione bicroma ed impaginazione a pseudoemblema, delimitata da un lato da un bordo a fila di merli. Un’opera di canalizzazione collegata con la vicina vasca circolare distrusse già in antico parte del pavimento.
Tessellato bipartito dalla villa dell’Acquedotto Randaccio Lacerto di rivestimento pavimentale in tessellato bicromo con decorazione geometrica; la parte conservata mostra due pannelli giustapposti e separati da una fascia partizionale. Il mosaico è probabilmente da riferirsi alla prima fase edilizia della villa. L’immagine rivestimento è tratta da Maselli Scotti 1986, p. 157.
Tessellato con emblema dalla villa dell’acquedotto Randaccio Rivestimento pavimentale in tessellato bicromo, parzialmente conservato. Il rivestimento presentava un’impaginazione centralizzata con uno pseudoemblema decorato da una composizione di quadrati e losanghe, di cui rimane conservato l’angolo sud-orientale. La superficie del pavimento è caratterizzata da alcuni restauri realizzati in cementizio. Il pavimento è attribuibile alla seconda fase edilizia della villa.
Tessellato con spine dalla villa dell’Acquedotto Randaccio Lacerto di rivestimento pavimentale in tessellato, di cui si rinvenne un tratto del campo monocromo bianco delimitato da una fascia monocoma nera e da un bordo che viene descritto "a triangoli sovrapposti" (si tratta probabilmente di spine rettilinee). Non viene proposta una datazione precisa del pavimento.
Il vano IV è contiguo all’ambiente II, rispetto al quale si trova nel livello immediatamente inferiore della villa; fu messo in luce durante la campagna di scavo del 1978. Nel corso del 1986, sotto al pavimento oggi visibile, fu inoltre rinvenuto un lacerto di cementizio pertinente alla prima fase edilizia. L’ambiente conservava il rivestimento musivo solo lungo i muri perimetrali: alcuni restauri piuttosto grossolani testimoniano una prolungata fase d’uso e una serie di riadattamenti. Inizialmente infatti questo vano era separato dall’ambiente X mediante una fascia musiva con motivo a cassettoni e due colonnine le cui imposte si trovavano alle estremità di tale fascia. In un momento non precisabile questa soluzione venne abbandonata a favore di un corridoio pavimentato a commessi laterizi che si sovrappone parzialmente alla fascia con cassettoni. Infine i due vani vennero separati dal muro ancora oggi visibile: l’accesso avveniva lungo il lato sud-orientale, dove si trovano alcuni gradini che immettevano nell’ambiente attiguo. Un focolare situato nell’angolo nord-occidentale confermerebbe inoltre un declassamento del vano analogo a quello subito dall’ambiente II. Il materiale ceramico qui rinvenuto consente di datare il crollo che interessò il vano alla metà del II sec.d.C.
Lunghezza: 5.40 m – Larghezza: 5 m
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I a.C. (1° q) al secolo I a.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Specifiche di rinvenimento Data: 1978 – Ente responsabile: SA TS
Tessellato bicromo dalla villa dell’acquedotto Randaccio
Rivestimento con scansione: a più unità decorative
Lacerti di rivestimento pavimentale in tessellato bianco con fascia marginale nera, contraddistinto da una fascia partizionale con decorazione bicroma geometrica, di tipo iterativo, parzialmente obliterata da rifacimenti antichi, non meglio datati. L’immagine del rivestimento è tratta da De Franceschini 1998, fig. 137, p. 449.
Cronologia Non determinata Motivazione della cronologia: non determinata
Unità decorative
Parte dell’ambiente: intero ambiente Tipo di impaginazione: centralizzata a emblema/pseudoemblema Cromia: bicromo
Il pavimento è conservato solo limitatamente ad una stretta fascia lungo i muri perimetrali; il lato meridionale e tutta la zona centrale del vano erano privi di rivestimento: un’impronta impressa nel sottofondo pavimentale e alcune tessere in situ indicano comunque che il pavimento doveva presentare uno pseudoemblema centrale incorniciato da un bordo in tessere nere. La parte conservata mostra un campo monocromo bianco a ordito obliquo di filari paralleli, bordato da una linea tripla di tessere bianche oltre la quale si trova una fascia monocroma nera che raccorda il rivestimento alle pareti.
Specifiche tecniche Identificazione della Decorazione: geometrica Tecnica Esecutiva: tessellato (tessellato senza inserti)
Decorazioni geometriche
Motivo
Modulo
Riempimento
DM 105a – tessellato monocromo, a ordito di filari paralleli
Referenza fotografica: L’immagine è tratta da De Franceschini 1998, fig. 137, p. 449.
Parte dell’ambiente: fascia partizionale Tipo di impaginazione: iterativa Cromia: bicromo
La fascia, messa in luce solo in corrispondenza dell’angolo occidentale, presentava una decorazione a cassettoni bipartiti in colori contrastanti: il modulo quadrato di base risulta suddiviso in quattro triangoli alternativamente campiti di tessere bianche e nere, con effetto finale di clessidre; nel loro accostamento questi motivi producono file di quadrati disposti sulla diagonale, bipartiti in triangoli in colori contrastanti (bianchi con bordo nero e neri con bordo bianco). Il campo è incorniciato da una linea doppia bicroma, le tessere disposte a scacchiera, e da una fascia monocroma bianca a quattro file di tessere.
Oggetto conservato: parte del pavimento – Conservato in: situ Restauri antichi: Il pavimento mostra alcuni restauri piuttosto grossolani realizzati in antico.
De Franceschini, M. 1998, in Le ville romane della X regio Venetia et Histria, Roma, p. 448, figg. 136-137.Maselli Scotti, F. 1978, Notiziario. Trieste, in Aquileia Nostra: Rivista dell’Associazione nazionale per Aquileia, Trieste, p. 241.Maselli Scotti, F. 1978, Scavi della Soprintendenza archeologica di Trieste, in Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, Treste, p. 385, pp. 386-387.Maselli Scotti, F. 1986, Scavi della Soprintendenza archeologica di Trieste. Anno 1986. Comune di Duino-Aurisina, in Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, Trieste, p. 157.