In località Prato, a ca. 800 m dalla linea di costa, si conservano i ruderi di un’estesa villa residenziale ubicata su un’appendice rocciosa del monte Lauzo. La prima fase costruttiva dell’edificio, collegato mediante un diverticolo alla via Flacca che fiancheggia il litorale costiero, risale alla metà del II sec. a.C., mentre la fase di abbandono viene datata intorno al 50-40 a.C., anche se la presenza di alcune murature posteriori e di una tomba ricavata nelle strutture preesistenti, unitamente al materiale ceramico e numismatico ivi rinvenuto, documentano una seppur sporadica frequentazione dell’edificio in epoca successiva.
La villa si sviluppa su due distinti terrazzamenti:
Terrazza B: sostruzione inferiore costruita in opera poligonale con funzione di hortus. La terrazza è dotata di due avancorpi laterali presso i quali si aprono due sale voltate (B1, B2). Sul fronte si dispongono due batterie di cisterne, parallele tra loro e non comunicanti (B3).
Terrazza A: in opera incerta di calcare, la terrazza ospita a S la pars urbana della villa e a N la pars rustica; entrambi i settori sono delimitati da un lungo corridoio dotato di colonnato e pavimentato in cementizio con tracce di rubricatura (A11).
La pars urbana della villa può essere, a sua volta, distinta in due settori: il primo si sviluppa a S, intorno all’oecus A2, il secondo a N gravitante attorno alla corte di servizio A4, non comunicanti direttamente tra loro. L’oecus A2 si apre a N verso il mare; l’ambiente A1, identificato anch’esso con un oecus ma di dimensioni minori, conserva pitture di I stile e pavimento in tessellato bianco; gli ambienti A5 e A6, rivestiti da cementizi a base fittile decorati con tessere, sono stati interpretati come cubicula.
Il settore a N, che si contraddistingue per la presenza di un sistema fognario unitario, si articola attorno alla corte di servizio A4, scandita da un colonnato con andamento N-S e dotata di un pozzo e di una zona destinata all’accensione di un focolaio, presso cui, presumibilmente, venivano cotti i cibi. A S si apre il triclinio A3, prospiciente sulla corte, con pitture di I stile lungo le pareti e rivestimento pavimentale in cementizio con inserti calcarei bianchi. L’ambiente A9 è stato interpretato come cucina, anche per la presenza di uno scarico d’acqua a cui corrispondeva una sorta di lavello; conserva le pareti dipinte in bianco e pavimento in cementizio privo di inserti.
Gli ambienti A7 e A8, comunicanti tra loro e gravitanti attorno alla corte di servizio A4, costituivano un piccolo balneum domestico. Le pareti sono rivestite in cementizio a base fittile con inserti calcarei. L’ambiente A7 è dotato di due vasche foderate di cementizio decorato lungo la parete N-E e conserva il pavimento in tessellato bianco. Una soglia musiva a scacchiera bicroma delimita il passaggio verso A8, rivestito da cubetti di laterizio alternati a dadi di tessere bianche; presso l’angolo S l’ambiente termale conserva una vasca in muratura rivestita in cementizio con tessere.
Immediatamente a N della corte A4 si sviluppa la pars rustica dell’edificio, anch’essa raggruppabile in due settori distinti: la zona gravitante attorno alla corte A16 (A10, A12-A15: pars agraria) e l’area del torculario con gli ambienti ad essa annessi (A17-A18: pars fructuaria).
La corte A16, definita da un quadriportico, è una zona di passaggio funzionale alla circolazione ma occasionalmente anche allo stoccaggio dei beni di consumo.
Ad E si aprono A15, una sorta di spazio di ingresso, A14, forse funzionale all’alloggiamento di un giardino, A12 ed A13, destinati probabilmente allo stoccaggio, ed infine A10, identificato con la cella familiaris.
Più a N si apre il settore produttivo vero e proprio, articolato attorno ad A17 e A18. L’accesso all’area avviene da A17, interpretato come vectibus locus, presso cui avvenivano le operazioni di manovraggio delle presse olearie. Ad O si apre il torculario (A18), interamente pavimentato da commessi di laterizio a cubetti. Ad O sono ubicate due presse circolari; di queste, l’ara N è fornita di una canalizzazione che conduceva il prodotto della spremitura verso un bacino rettangolare disposto ad E, mentre la pressa S ne è sprovvista: l’olio doveva scolare liberamente verso O dove tramite un canale raggiungeva una vasca di raccolta ubicata nell’ambiente B1. Verso la fine del II sec. a.C. il torculario cambiò destinazione d’uso: la canalizzazione ed il bacino rettangolare pertinente alla pressa N, oltre alla vasca di raccolta in B1, furono obliterati da una colmata di malta ed il prodotto della spremitura venne fatto confluire tramite canalizzazione in B1, dove forse era raccolto all’interno di vasche mobili. H. Broise e X. Lafon hanno collegato tale trasformazione ad un cambiamento nella produzione, ora destinata alla lavorazione vinicola. L’oli-viticultura non è l’unica attività produttiva documentata a villa Prato: lungo il litorale costiero si conserva una piscina destinata all’allevamento ittico, attualmente in parte immersa nel mare (pianta loc. edificio tratta da Lafon 2000, fig. 1 p. 29; pianta edificio tratta da Broise-Lafon 2001, tav. I).
Cronologia Estremi temporali: dal secolo II a.C. (2° q) al secolo II a.C. (3° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
villa Prato, ambiente termale A8, commessi di laterizio a cubetti Pavimento a commessi di laterizio costituiti da cubetti a cui si alternano, a distanza regolare, dadi di tessere bianche della medesima dimensione, che compongono un punteggiato ortogonale. I cubetti in cotto sono di cromia differente poichè ricavati da materiale eterogeneo di reimpiego.
A7: il vano, unitamente ad A8, ad esso adiacente, e con il quale comunicava mediante una soglia in tessellato bicromo, costituiva il piccolo balneum domestico della villa. La funzione termale della sala è comprovata dalla presenza, presso la parete N-E, di un bancone in muratura rivestito di cementizio decorato con tessere e dotato di un gradino-sedile ornato da un tessellato bicromo con meandri di svastiche e quadrati. All’interno del bancone si aprono due vasche: la prima, a N, di forma ovale, è realizzata in muratura ed il fondo è rivestito in cementizio a base fittile decorato con scaglie mentre della seconda, che doveva essere in ceramica, rimane l’incavo all’interno della muratura. Le pareti dell’ambiente sono interamente rivestite da cementizio a base fittile decorato con un motivo a meandri di svastiche; il pavimento è un tessellato bianco. H. Broise e X. Lafon hanno interpretato la sala come ambiente riscaldato anche se non di tipo canonico: l’assenza di suspensurae e la mancanza di un preaefurnio per il riscaldamento, ne sottolineerebbero il carattere ancora arcaico.
Lunghezza: 3,43 m – Larghezza: 2,43 m
Cronologia Estremi temporali: dal secolo II a.C. (2° q) al secolo II a.C. (3° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Specifiche di rinvenimento Data: 1980-1984
Villa Prato, calidario A7, tessellato e cementizio
Rivestimento con scansione: a più unità decorative
Rivestimento pavimentale in tessellato monocromo bianco connesso, a N-E, ad una soglia musiva decorata da una composizione a scacchiera bicroma bianco-nera. Lungo la medesima parete, a N, si apre una vasca il cui fondo è costituito da un cementizio a base fittile con scaglie calcaree bianche disposte irregolarmente sulla superficie.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo II a.C. (2° q) al secolo II a.C. (3° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Unità decorative
Parte dell’ambiente: intero ambiente Tipo di impaginazione: a campo omogeneo Cromia: monocromo
Broise, H./ Lafon, X. 2001, in La villa Prato de Sperlonga. Collection de l’Ecole Francaise de Rome, Parigi-Roma, p.79; pp.145-146; pp.149-150, 129 p.81; 132 p.83; 137 p.87; 140 p.88, ecc.Lafon, X. 1991, Les bains privés dans l’Italie romaine au II s. av. J.-C., in Les Thermes Romains. Actes de la table ronde organisée par L’Ecole Francaise de Rome, Roma, p.105; pp.112-113, 5-6 p.104,10 p.107,13 p.108;16 p.110.Lafon, X. 2000, Les debuts de la Villa monumentale: le cas de la Villa Prato a Sperlonga., in Formianum V. Atti del Convegno di Studi sui giacimenti culturali del Lazio meridionale, Marina di Minturno, p.34, fig.9 p.34.