Le Terme Antoniniane sorgono alle pendici del Piccolo Aventino, su un sito precedentemente occupato da horti, giardini, bagni e abitazioni private, la più ricca delle quali, di età adrianea, fu scavata dal Guidi nel 1867 sotto l’angolo SE dell’impianto (vd. scheda). La costruzione del blocco centrale del complesso termale si colloca tra il 212 (anno della derivazione del nuovo braccio dell’Aqua Marcia) e il 216 d.C. (anno dell’inaugurazione). Al 235 d.C. si data, invece, il completamento dell’intero edificio. Successivi interventi edilizi si devono a Diocleziano (che ordinò il restauro dell’acquedotto che serviva le terme, da lui detto Forma Iobia), a Valente e Valentiniano (a cui si collegano cippi e basi di statue) e a Costantino (tra il 317 e il 337 d.C.: in particolare la sostituzione di un’arcata del caldarium con un’abside). Un bollo laterizio rinvenuto non in situ tra caldarium e natatio (CIL XV 1542.3) indizia lavori di ristrutturazione compresi nel decennio 340-350 d.C. Il complesso dovette funzionare ancora nel V e forse nel VI secolo d.C., come attestano restauri nei sotterranei databili ai primi decenni del secolo e sotto il regno di Teodorico (CIL XV 1665.3-4; 1669.7). Definitivamente abbandonate nel IX secolo d.C. (piuttosto che, come tradizionalmente si crede, nel 537 d. C., a seguito del taglio degli acquedotti), le terme divennero cava di materiale a partire dall’inizio del XII secolo.
Lo schema planimetrico prevede un recinto porticato, un corpo centrale con funzione propriamente termale e un grande giardino (xystus) compreso tra i due blocchi costruttivi. Nella sua porzione meridionale il recinto conteneva in origine le cisterne, una gradinata (ST nella pianta Lombardi- Corazza 1995), il cosiddetto stadio, forse una cascata di acqua e le due biblioteche simmetriche, delle quali si conserva oggi soltanto quella SO (B in pianta), affiancata ad una monumentale scalinata che costituiva l’accesso all’Aventino; sui lati rispettivamente E ed O aprivano, invece, due grandi esedre con ambienti, forse, riscaldati; a N si trovavano, infine, gli accessi principali e le tabernae.
Il corpo centrale del complesso con ingressi sul lato N (vestibula, V in pianta) comprende, a sua volta: palestre (P in pianta) circondate da portici e dubitativamente coperte (sostengono tale teoria: Krencker e Brödner, a ragione, tra l’altro, della presenza in esse di pavimenti musivi e discendenti nei muri; Nielsen; Jenewein, Amici e M. Piranomonte, sulla base del possibile confronto con le Thermae Traiani; quest’ultimo ipotizza, peraltro, un ordine superiore dei portici delle palestre, che a loro volta avrebbero potuto sorreggere la copertura del cortile. A sostegno dell’ipotesi contraria sono considerate questioni come l’inesistenza di disegni rinascimentali che testimoniano la copertura delle palestre e la presenza di pavimenti musivi nelle terrazze ai piani superiori); quattro apodyteria o spogliatoi (A in pianta) articolati su due piani; la natatio (N), il frigidarium (F); il tepidarium (T) e il caldarium (C), ai lati del quale figuravano, con buona probabilità, sudationes o laconica (L). L’edificio era con ogni probabilità articolato su due piani, almeno per quanto riguarda le palestre, gli ambienti con esse collegati e gli apodyteria. Al disotto, invece, correva un dedalo sotterraneo di gallerie di varie dimensioni, che rappresenta ancora oggi la porzione meno conosciuta della costruzione. Nelle più grandi (m 6 x 6) – carrozzabili – trovavano posto diversi ambienti di servizio (depositi di legname, forni e caldaie), a cui si aggiungevano un mulino ad acqua (scavato nel 1912 e mai pubblicato – edificato, probabilmente, all’epoca della costruzione delle terme, piuttosto che in età tardoantica e medievale, come proposero, rispettivamente, Platner, Ashby e Gatti, ma ricostruito con alcune variazioni planimetriche in seguito ad un incendio nella seconda metà del III sec. d. C.) e un mitreo (anch’esso realizzato in epoca immediatamente successiva all’inaugurazione delle terme e ricavato in un tratto di galleria precedentemente occupato, forse, da una latrina, secondo l’opinione di L. Lombardi e A. Corazza). Le più piccole servivano, vicerversa, per la posa delle tubazioni in piombo, l’adduzione del calore e la generale distribuzione dell’acqua.
Lo scavo sistematico del complesso venne intrapreso nel 1824 e riguardò, in primo luogo, il corpo centrale dell’edificio; ulteriori indagini portarono alla scoperta del frigidarium (all’incirca nella metà del secolo, ad opera di L. Canina). Tra il 1866 e il 1869, nel frattempo, venne proseguito lo scavo del corpo centrale, con conseguente scoperta della palestra orientale, di parte del caldarium, del tepidarium e della natatio (nel 1870 ad opera di P. Rosa) e di parte degli ambienti occidentali, compresa la palestra (scavi Fiorelli, tra il 1878 e il 79). L’esplorazione del recinto perimetrale e, parzialmente, dei sotterranei si ebbe, invece, agli inizi del Novecento: in questa occasione vennero messi in luce i vani compresi nell’esedra Ovest, la biblioteca sullo stesso lato, in parte già scavata nel 1844 e nel 1912 (da Ghislanzoni), il mitreo, il mulino ad acqua e le gallerie (le indagini delle quali, dopo il 1901, proseguirono tra il 1938 e il 1939). A partire dal 1980, infine, la Soprintendenza Archeologica di Roma ha curato lo scavo degli edifici perimetrali dei lati meridionale e occidentale. Nell’ambito del complesso termale è attestato il rinvenimento di diverse tipologie pavimentali: 1. Tessellati monocromi di tessere nere (nei terrazzi di servizio al di sopra degli ambienti in corrispondenza degli ambulacri superiori delle palestre); 2. Tessellati bicromi con decorazione geometrica (nell’ apodyterium M e negli ambienti che affacciavano direttamente su di esso, compreso il mitreo posto al di sotto di esso); 3. Tessellati bicromi con decorazione figurata (negli ambulacri superiori delle palestre orientale e occidentale, nonché sui terrazzi ad essi raccordati e sui terrazzi al di sopra delle stesse palestre); 4. Tessellati policromi con decorazione geometrica (in ciascuno dei due ambienti quadrati che costituiscono la prosecuzione dei vestiboli verso l’estremità della “basilica”); 5. Tessellati policromi con decorazione geometrica e figurata (nelle esedre di entrambe le palestre: si tratta dei rivestimenti con raffigurazione di atleti conservata in situ e nei Musei Vaticani);6. Mosaici marmorei a tessere medie (nei due ambienti a sud-ovest del vestibolo e nelle due coppie di ambienti che fiancheggiano gli ingressi settentrionale e orientale); 7. Mosaici marmoreo-porfiretici a tessere medie (in entrambi i portici e a rivestimento dei cortili delle palestre su entrambi i lati); 8. Mosaici marmorei a grandi tessere (nei vestiboli di entrambi i lati e negli ambienti periferici laterali delle due palestre); 9. Mosaici marmoreo-porfiretici a grandi tessere (negli ambienti del recinto esterno, delle due esedre e in uno non meglio specificato “presso lo stadio”; 10. Rivestimenti in opus sectile (attestati nel caldarium , scavi Fiorelli, 1878-79; nella biblioteca Sud Orientale , B in pianta; saggi 1912, scavi 1980; nel frigidarium; in una delle due esedre). Sectilia caratterizzavano in origine anche il pavimento del tepidarium: di esso non rimane, però, alcuna traccia. La datazione dei rivestimenti pavimentali continua ad animare il dibattito scientifico e a dividere gli studiosi tra coloro che propendono per una datazione contemporanea alla prima fase costruttiva del complesso (Insalaco, per quanto riguarda il tessellato con atleti, comunque datato in età severiana già da Bianchi Bandinelli e Morricone Matini; Piranomonte, in riferimento ai pavimenti delle palestre) e successiva (Guidobaldi e Guidobaldi- Guiglia propongono di attribuire ad Alessandro Severo i mosaci a tessere medie e grandi in parti porfiretiche dell’intero complesso termale; Huelsen e Van Essen datano al IV sec. d.C. il già menzionato tessellato con atleti; sull’intera questione, cfr. LTUR s.v. Thermae Antoniniane). Per quanto riguarda le decorazioni parietali dipinte, l’evidenza dei fori delle grappe permette di ricostruire crustae marmoree in quasi tutto il complesso. Tracce dell’allettamento di tessere di pasta vitrea appartenevano in origine alle volte degli ambienti che si affacciano sulla natatio e in alcune nicchie nelle vasche e sulle pareti del frigidarium. Come è noto, infine, dal contesto delle Terme di Caracalla provengono, inoltre: le vasche di granito ora a Piazza Farnese, le altre conservate nel Cortile del Belvedere (Musei Vaticani9; la Colonna della Giustizia (proveniente dalla natatio); statue , tra cui il celebre Ercole Farnese, confluite nella Collezione Farnese e attualmente al Museo Nazionale di Napoli.
Cronologia
Estremi temporali: dal secolo III d.C. (1° q) al secolo III d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologici
AMBIENTE: ambulacro
Nell’ambito del complesso termale, un ambulacro superiore correva con uno schema a pi greco, lungo tre lati al di sopra di ciascuna delle cosiddette palestre (per una lunghezza di 130 m circa). Sorretti dal portico inferiore (a un’altezza di m 13,50 ca dal pianterreno), l’ accesso ad ognuno di essi era garantito da un passaggio principale (a sua volta mosaicato, vd. scheda) e due brevi scalinate simmetricamente opposte. Nel caso specifico, qui esaminato, dell’ambulacro superiore relativo alla palestra occidentale, i gradini erano posti all’estremintà sud-orientale. Scale minori e di servizio raccordavano gli ambulacri con altri terrazzi a livello superiore (per i rivestimenti pavimentali dei quali, vd. schede) e ulteriori ambienti (intravisti da Broedner). Il pavimento dell’ambulacro in questione – un tessellato bicromo figurato con rappresentazione di thiasos marino- si rinvenne, come tutti quelli del piano superiore, tra il 1969 e il 1974 (Soprintendenza Antinchità di Roma e direzione scientifica di L. Fabbrini) in condizioni di conservazioni tali da renderne necessario il distacco, il consolidamento e il restauro prima del loro riposizionamento in situ. Tre risultano i settori preservati dal crollo del terrazzo: l’intersezione tra il braccio orientale e quello settentrionale (A, in pianta), l’estremità sud-occidentale (B, in pianta) e l’intersezione tra il braccio meridionale e quello orientale (C, in pianta). La messa in opera del pavimento, a parte i restauri antichi che esso subì, risulta essere avvenuta contemporaneamente alla realizzazione delle palestre, quindi tra il 211 e il 216 d.C. (Fabbrini 1983, p. 56).
Lunghezza: 130 m – Larghezza: 5.65 m
Cronologia
Estremi temporali: dal secolo III d.C. (1° q) al secolo III d.C. (1° q)
Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Data: 1969-1974
Regio XII,Terme Antoniniane, tessellato bicromo con decorazione figurata (thiasos marino)
Parte dell’ambiente: ambulacro
Rivestimento con scansione: a copertura unitaria
Cromia: bicromo
Il tessellato prevede un bordo con fascia di tessere nere (altezza varia tra m 1.67 e 1,80) e in esso coppie di delfini bianchi con code a terminazione fitomorfa legate ai lati di tridenti. Tra i musi degli animali remi si alternano, invece, a timoni stilizzati. Alla punta esterna di ciascun tridente è fissata una ghirlanda. Distorsioni prospettiche nella resa delle singole decorazioni si notano nei raccordi angolari. L’aggiunta di un murice tra i delfini angolari del frammento conservato all’estremità NE (A) è frutto di un restauro antico. Nel campo, con cromia invertita rispetto al bordo, si dispiegano le diverse creature del corteggio marino organizzate in gruppi distinti dall’estremità NW fino a quella SW. Nei due frammenti superstiti si distinguono: un ichtyocentauro (di un secondo resta solo la coda) che nuota imbrigliato da un erote auriga; nereide con cervi marini e delfino (B); torsi di un erote e, forse, di un ichtyocentauro che solleva con le braccia un timone o un remo (C).
Cronologia
Estremi temporali: dal secolo III d.C. (1° q) al secolo III d.C. (1° q)
Lunghezza: 130 m; Larghezza: 5.65 m;
Caratteristiche della preparazione
Tipo di preparazione: Il pavimento prevede un sottofondo costituito da un primo robusto massetto (20 cm ca di spessore) composto di tegolozza, cocciopesto, pozzolana e calce e da un secondo strato di signino (5-8 cm) al di sopra delle quali le tessere che compongono il mosaico sono state allettate per mezzo di latte di stucco e calce.
Spessore: Cm 20; cm 5-8
BORDO
Specifiche tecniche
Identificazione della Decorazione: figurata
Tecnica Esecutiva: tessellato (tessellato senza inserti)
Dimensioni Generiche Tessere: piccole o medie
Dimensioni Metriche Tessere: cm 1 -1.50; raramente cm 2 cm
Decorazioni figurate
Tema | Soggetto | Altre componenti |
---|---|---|
Delfino | Delfino | tridenti, timoni, remi, ghirlande |
Specifiche tecniche
Lunghezza: 1.30 m – Larghezza: 1.65 m
Identificazione della Decorazione: figurata
Tecnica Esecutiva: tessellato (tessellato senza inserti)
Dimensioni Generiche Tessere: piccole o medie
Dimensioni Metriche Tessere: 1-1.50, raramente 2 cm
Decorazioni figurate
Tema | Soggetto | Altre componenti |
---|---|---|
Tiaso | Corteggio marino | nererdi, ichtyocentauri, eroti auriga |
CONSERVAZIONE
Oggetto conservato: parte del pavimento – Conservato in: situ
Restauri antichi: Restauri antichi interessarono il pavimento in un momento imprecisato: nel corso di tali risarcimenti, evidenti nella porzione angolare del frammento di bordo conservato all’estremità nord-orientale dell’ambulacro superiore della palestra occidentale, tra i delfini angolari è stato inserito un murice spiraliforme. Il motivo, estraneo all’originaria sintassi decorativa, interrompe l’alternanza timone/remo. Linee di sutura sono visibili: una, obliqua, risparmia resti di pinne del delfino precedente; un’altra, lungo il lato nord, segue parzialmente la verticale del primo timone. Sul fondo del settore rifatto, non completamente nero, si inseriscono in ordine sparso tessere bianche e, talvolta, di marmi policromi. Analoga disomogeneità del fondo e indizi di restauri antichi si notano in altri settori pavimentali rimasti in situ (per esempio tra i delfini all’estremità sud-orientale).
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
Fabbrini, L. 1983, Terme di Caracalla: il pavimento musivo nei due ambulacri superiori delle cosiddette palestre., in III Colloquio Internazionale sul mosaico antico, Ravenna, pp. 51- 60, figg. 2-7..Guidobaldi, F. 1984, Mosaici con tessere porfiretiche a Roma tra III e IV secolo, in III Colloquio Internazionale sul Mosaico Antico (Ravenna, 6-10 settembre 1980), Ravenna, pp. 501-502, nota 5..
STRINGA BIBLIOGRAFICA: Manetta, Consuelo, Regio XII,Terme Antoniniane, tessellato bicromo con decorazione figurata (thiasos marino), in TESS – scheda 15093 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=15093), 2013
INDIRIZZO WEB: http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=15093