Il Foro di Cesare, primo in ordine di tempo tra i Fori Imperiali, venne costruito su un’area (metri 160 per 75) in precedenza occupata da strutture private. Fu lo stesso Cesare ad acquistare l’area a partire dal 54 a.C. con una spesa che si aggirava intorno agli 80-100 milioni di sesterzi. L’inaugurazione avvenne il 26 settembre del 46 a.C., ma i lavori vennero in realtà ultimati da Augusto. Un intervento di rifacimento si ebbe per ordine di Traiano e un notevole restauro venne realizzato per ordine di Diocleziano dopo l’incendio del 283 d.C. Il Foro era formato da una piazza rettangolare allungata, in mezzo alla quale era situata la statua equestre di Cesare circondata su tre lati da portici e occupata sul lato di fondo da un tempio dedicato a Venere Genitrice. Oggi la parte visibile del Foro, dopo gli scavi e le sistemazioni effettuate intorno al 1930, corrisponde a poco più della metà della superficie originaria. Si accede al Foro dal Clivo Argentario: tramite una scala di travertino si giunge al livello del portico posto sul lato sud-occidentale del Foro, formato da due file di colonne in granito su bassi plinti relativi al restauro di epoca dioclezianea (sul pavimento si possono ancora riconoscere tracce delle basi delle colonne più antiche). Sul lato di fondo del portico erano presenti una serie di tabernae addossate alle pendici del Campidoglio. All’estremità del portico, in epoca traianea, venne costruita la Basilica Argentaria; tale basilica era formata da una duplice fila di pilastri che girava ad angolo retto per un breve tratto ed aveva una copertura a volta. Del Tempio di Venere Genitrice, ristrutturato da Traiano nel 113 d.C., rimangono oggi il nucleo cementizio del podio e tre colonne (in gran parte rifatte) con capitelli corinzi e un tratto della trabeazione. Si accedeva al tempio tramite due scale laterali nel podio (alto 5 metri) che portavano a un ripiano da cui partiva la gradinata frontale del pronao; quest’ultimo era formato da otto colonne corinzie in marmo bianco, mentre la cella era fiancheggiata sui due lati lunghi da otto colonne; il lato di fondo era chiuso. La cella, coperta a volta, era decorata all’interno da colonne di giallo antico addossate alle pareti e sormontate da un architrave; sul fondo era situata un’abside dove era posta la statua di Venere.
Estremi temporali: dal secolo I a.C. (3° q) al secolo III d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
La pavimentazione (3.33 x 7.46 m) non risulta composta secondo un modulo o un disegno organico secondo la tradizione dei sectilia pavimenta romani. Essa può essere suddivisa in due settori: uno a sud-est, a lastre disomogenee, ed uno a nord-ovest, più organico e curato nell’esecuzione e nella scelta delle lastre. Tutte le lastre sono indifferentemente di riutilizzo, e la varietà dei marmi impiegati è estremamente disomogenea, con una prevalenza dell’utilizzo del pavonazzetto, del giallo antico, del cipollino e di marmi bianchi. Il settore sud-est di 2,85 x 3 è caratterizzato da frammenti di lastre per lo più di piccole dimensioni, allettate in maniera disomogenea e disordinata, costituite da diverse qualità di marmo di reimpiego, tra cui sono stati riconosciuti due piccoli frammenti di cornice, in africano e in giallo antico. Il settore attiguo, a nord-ovest, può essere suddiviso in tre campi, di cui quello centrale (1.59 x 3.24) presenta una maggiore cura nella scelta e nell’allettamento delle lastre, elementi in base ai quali è riconoscibile la volontà di costruire un disegno. Lastre rettangolari di larghezza oscillante tra i 17 ed i 23 cm e con una lunghezza massima di 61 cm, costituiscono l’incorniciatura di uno pseudoemblema, costituito da quadrato delle dimensioni di 1.57 x 1.77 (realizzato con marmi di colore tenue), contenente un disco di granito verde della Sedia di S. Lorenzo. A nord-ovest del campo centrale il pavimento è realizzato con lastre di reimpiego di forma rettangolare (dim. max 0.41 x 0.62), che determinano un altro campo di 1.40 x 3.15, caratterizzato da una tessitura più regolare rispetto al resto del pavimento. Oltre a pavonazzetto, cipollino e giallo antico, sono presenti anche marmi bianchi (lunense e il proconnesio) e una lastra in granito troadense. A sud-est del campo centrale si trova infine il terzo campo (1.63 x 3.33) costituito da lastre quadrangolari, rettangolari e frammentarie allettate in modo disomogeneo.
Regio VIII, Foro di Cesare, portico SE, lastricato (I fase)
Pavimento in lastre di marmo bianco lunense, rinvenuto al disotto del pavimento in opus sectile pertinente alla fase dioclezianea. Del rivestimento pavimentale sono stati rinvenuti alcuni brevi lacerti sia durante gli sterri 1926-1933, sia nel corso degli scavi 2000.
Regio VIII, Foro di Cesare, portico SE, opus sectile (fase II)
Pavimento in opus sectile marmoreo ascrivibile alla categoria "a grande modulo a tessitura rettangolare reticolare", costituita da grandi riquadri rettangolari (4.43 x 2.60-2.76) di marmo di colore tenue alternati a fasce (larghe 0.75-1) di tonalità più scura. Le lastre, tutte di reimpiego, sono di marmo bianco (lunense, proconnesio, tasio), giallo antico (usato per le fasce), pavonazzetto e cipollino. La stesura si sovrappone ad un lastricato marmoreo pertinente ad una più antica fase decorativa.
Regio VIII, Foro di Cesare, tempio di Venere Genitrice, lastricato
Pavimento a lastre omogenee di marmo bianco (di specie non identificata), individuato nel pronao del tempio. SI conservano soltanto due frammenti di lastre in marmo bianco in pessimo stato di conservazione, spesse almeno 3,5 cm.
Regio VIII, Foro di Cesare, tempio di Venere Genitrice, opus sectile
Pavimento in opus sectile marmoreo a grande modulo, conservato in massima parte a livello di impronte. Le lastre superstiti (in tutto tre), sono molto frammentarie e presentano spessore variabile fra 2,5-4 cm. Il motivo decorativo era costituito da uno schema reticolare a maglie rettangolari con lastre rettangolari in giallo antico di 5 x 2 p.r. (1.48 x 0.74), inserite in un reticolo costituito da lastre rettangolari in pavonazzetto larghe un piede e mezzo (0.45) con quadrati alle intersezioni per i quali, sebbene non si abbia nessun indizio sulla qualità del marmo impiegato, è possibile ipotizzare l’utilizzo del giallo antico, come nel riquadro principale. L’analisi condotta ha permesso di appurare che la larghezza di un piede e mezzo (45 cm) delle fasce in pavonazzetto ricorreva regolarmente su tutta la superficie della cella, mentre le lastre rettangolari in giallo antico erano probabilmente di 2 piedi e mezzo di larghezza (0.74) ad eccezione di quelle poste lungo l’asse della pavimentazione, dove forse erano impiegate lastre rettangolari più larghe di circa 0.30, ossia di 3 piedi e mezzo di larghezza (1.04).
Il tempio dedicato nel 46 a.C. da Giulio Cesare era ottastilo di ritmo picnostilo eretto su alto podio (circa 5 m sul livello della piazza del foro); sul fondo della cella vi era un’abside in cui era collocata la statua di culto di Afrodite, opera di Arkesilaos. Sebbene alla fase cesariana appartenga con sicurezza solo una piccola porzione del conglomerato cementizio visibile sul retro dell’abside, quasi tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che la successiva ricostruzione domiziano-traianea non alterò la pianta dell’edificio. Nonostante nelle Res Gestae (R.G. 20) Augusto ricordi di aver completato il Foro, è incerto se egli sia intervenuto pure sul tempio; di sicuro a seguito dei danni causati dall’incendio dell’80 d.C. il tempio e il foro vennero restaurati e ridedicati nel 113 d.C. da Traiano, nello stesso giorno della dedica della colonna coclide. A questa fase appartengono la maggior parte delle strutture visibili e la ricca decorazione architettonico-scultorea prevalentemente in marmo lunense. Un altro devastante incendio, quello del 283 d.C., obbligò Diocleziano a restaurare ampiamente il tempio onde evitarne il crollo. A quest’epoca sono riconducibili le tamponature in laterizio negli intercolumni della facciata e la realizzazione di due pilastri in laterizio davanti all’abside della cella, la cui pertinenza alla fase dioclezianea è stata accertata in occasione di un riesame delle strutture del tempio iniziato a partire dal 2000.
Estremi temporali: dal secolo I a.C. (3° q) al secolo III d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologico-stratigrafici
Pavimento a lastre omogenee di marmo bianco (di specie non identificata), individuato nel pronao del tempio. SI conservano soltanto due frammenti di lastre in marmo bianco in pessimo stato di conservazione, spesse almeno 3,5 cm.
Regio VIII, Foro di Cesare, tempio di Venere Genitrice, opus sectile
Pavimento in opus sectile marmoreo a grande modulo, conservato in massima parte a livello di impronte. Le lastre superstiti (in tutto tre), sono molto frammentarie e presentano spessore variabile fra 2,5-4 cm. Il motivo decorativo era costituito da uno schema reticolare a maglie rettangolari con lastre rettangolari in giallo antico di 5 x 2 p.r. (1.48 x 0.74), inserite in un reticolo costituito da lastre rettangolari in pavonazzetto larghe un piede e mezzo (0.45) con quadrati alle intersezioni per i quali, sebbene non si abbia nessun indizio sulla qualità del marmo impiegato, è possibile ipotizzare l’utilizzo del giallo antico, come nel riquadro principale. L’analisi condotta ha permesso di appurare che la larghezza di un piede e mezzo (45 cm) delle fasce in pavonazzetto ricorreva regolarmente su tutta la superficie della cella, mentre le lastre rettangolari in giallo antico erano probabilmente di 2 piedi e mezzo di larghezza (0.74) ad eccezione di quelle poste lungo l’asse della pavimentazione, dove forse erano impiegate lastre rettangolari più larghe di circa 0.30, ossia di 3 piedi e mezzo di larghezza (1.04).
Data: 1933 – Ente responsabile: Sovraintendenza ai BB.CC. del Comune di Roma
Regio VIII, Foro di Cesare, tempio di Venere Genitrice, lastricato
Parte dell’ambiente: ambulacro
Rivestimento con scansione: a copertura unitaria
Tipo di impaginazione: iterativa
Cromia: monocromo
Pavimento a lastre omogenee di marmo bianco (di specie non identificata) ubicato nell’ambulacro della peristasi. Se ne conserva un’unica lastra, spessa circa cm 7.
Estremi temporali: dal secolo II d.C. (1° q) al secolo II d.C. (1° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologici
Tipo di preparazione: strato di malta, sovrapposto ad uno strato di schegge di marmo bianco.
Campo
Specifiche tecniche
Identificazione della Decorazione: assente
Tecnica Esecutiva: lastricato (lastricato omogeneo marmoreo)
INDIRIZZO WEB: http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=11108