Il Sessorium, o Palatium Sessorianum, è un’ampia residenza destinata all’imperatore, alla sua famiglia e alla corte, realizzata nel IV secolo da Costantino in parte sfruttando e restaurando le strutture di una lussuosa villa imperiale di età severiana, nota col toponimo Ad Spei Veteris o come Horti Variani, in parte costruendo edifici ex novo. Occupava un’area di circa 30/40 ettari e distingueva l’area destinata all’apparizione pubblica dell’imperatore, a Sud, da quella privata e più propriamente residenziale a Nord. Se ne riconoscono più nuclei: un complesso termale, le Terme Eleniane (1 in pianta), un settore destinato agli spettacoli (l’anfiteatro Castrense, 2 in pianta), un settore di rappresentanza, del quale sono attualmente identificabili due aule, quella utilizzata per la basilica di S. Croce in Gerusalemme (3 in pianta) ed il cd. ‘Tempio di Venere (e Cupido)’ (4 e 5 in pianta), visibile nel giardino del Museo della Fanteria, ed infine, ad Est dell’attuale basilica (6 in pianta), un quartiere abitativo di lusso destinato ai membri della corte di Elena (in particolare sono state identificate due domus di IV secolo, note nella letteratura archeologica come Domus dei Ritratti e Domus della Fontana: cfr scheda). Recentemente si è proposto di attribuire al complesso anche le strutture a Sud di piazzale Tiburtino (F. GUIDOBALDI, Il tempio di Minerva Medica e le strutture adiacenti: settore privato del Sessorium costantiniano, in RACr, 74, 1998, pp. 485-518), l’aula decagona nota come "tempio di Minerva Medica", varie strutture limitrofe di diverse dimensioni (varie aule absidate anche su ipocausti, ninfei e vasche), l’ esedra di quasi 12 m tra via Giolitti e Manzoni, il grandioso portico presso S. Bibiana distrutto nel 1880 per la costruzione degli archi omonimi ed il suo probabile proseguimento, un edificio in opus vittatum dal ricchissimo pavimento in sectile scoperto nel 1948. La pianta edificio è tratta da CARANDINI 2012.
Estremi temporali: dal secolo IV d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Dei rivestimenti originali restano scarsissime tracce, prevalentemente impronte, che autorizzano ad ipotizzare una pavimentazione in sectile marmoreo. Nella ricostruzione del pavimento sono di aiuto le testimonianze dei viaggiatori ottocenteschi: sappiamo che "sul pavimento erano lastre di porfido" (BIASCI 2003, p. 164) e della presenza di un “pavimento in calce, con lastre di giallo antico e con zoccolo e cornicetta” (RT II, 397) . Negli ultimi interventi di scavo sono stati rinvenuti frammenti di marmo giallo antico, porfido e verde antico, che potrebbero essere pertinenti tanto a lastre pavimentali quanto a crustae parietali. Manca nell’edito la documentazione grafica e/o fotografica.
Regio V, Sessorium, atrio, opus sectile
Fonti rinascimentali testimoniano la presenza di un rivestimento pavimentale in opus sectile (probabilmente a grande modulo), “incrostati di marmo porfido serpentino” (Antonio da Sangallo in COLLI 1996, p. 778, nota 16). Del pavimento, non conservato e noto solo da descrizione, manca nell’edito la documentazione grafica.
Regio V, Sessorium, S. Bibiana, area, opus sectile
Pavimento in sectile marmoreo realizzato con lastrine di marmi "nero, rosso e paonazzo", decorato secondo una "fila di circoli racchiudenti un disegno quadrilobato". L’unico pannello conservato fu distaccato e trasportato al Museo delle Terme (ANNIBALDI 1948, p. 129). Il pavimento marmoreo, di dimensioni modulari eccezionali (120 cm), è riconducibile alla categoria dei sectilia a modulo quadrato con motivi complessi (GUIDOBALDI 2001), in particolare ad uno schema base centrato su un elemento quadrilobato che genera cerchi al contatto di quattro formelle, qui nella variante listellata (QXDL) e con gigli che si dipartono dai quattro angoli del quadrilobo. Come rilevabile dai frammenti tuttora depositati nei magazzini del Museo delle Terme, i marmi impiegati nel pavimento sono quelli della "quadricromia neroniana" (giallo antico, pavonazzetto, porfido rosso e verde).
Regio V, Sessorium, S. Bibiana, area, tessellato policromo figurato con scene di caccia (Collezioni Capitoline)
Tessellato policromo di notevolissima estensione: rinvenuto nel 1903 in ottimo stato di conservazione (CAR VI B 10 a), ne vennero asportati circa i 3/5 dell’estensione (il resto è rimasto sotto i binari ferroviari, che non potevano essere interrotti); restaurato, è esposto dal 1997 nella Centrale Montemartini. Il mosaico presenta un bordo geometrico composito, articolato dall’esterno verso l’interno in una fascia decorata da meandri a doppia T (DM 37d), una decorata da una treccia a due capi (DM 70d) e poi da una a quattro capi (DM 73d) ed infine da una fascia che presenta una fila di onde correnti a giro semplice (DM 101b). Il campo presenta su fondo bianco la cattura di animali selvatici per le venationes dell’anfiteatro (orsi e gazzelle) e la caccia al cinghiale e al cervo; in un frammento è conservata probabilmente l’immagine del personaggio principale: una figura maschile a cavallo col braccio destro sollevato nell’atto di scagliare una lancia, caratterizzata dal volto allungato e da una corta barba.
Regio V, Sessorium, Terme Eleniane, ambiente termale, tessellato figurato (Collezioni Capitoline)
Pannello musivo policromo (m 1.08 x 0.96), in buono stato di conservazione, distaccato nel 1879 e già musealizzato nell’Antiquarium del Celio. Doveva essere originariamente parte del campo del pavimento, per cui è lecito ipotizzare un motivo decorativo a cassettoni. Presenta un bordo geometrico composito, articolato dall’esterno verso l’interno in una treccia policroma a tre capi su fondo scuro (DM 72d), una doppia cornice a dentelli (DM 3b) in colori contrastanti e una linea semplice di tessere bianche (DM 1a). Il campo mostra su fondo monocromo bianco il busto ritratto di un atleta, con una leggera torsione a sinistra: il giovane presenta una possente muscolatura, sottolineata dalle linee ricurve delle tessere che ne evidenziano il turgore. Il volto, dall’espressione compiaciuta, è squadrato e caratterizzato da zigomi alti, naso camuso, bocca sottile, orecchie piccole e distanziate dal cranio, collo taurino. I capelli sono tagliati cortissimi ad eccezione del cirrus lungo sulla nuca, che ne permette l’identificazione come atleta professionista.
Noto fin dagli inizi del XV secolo con l’impropria denominazione di Templum Veneris et Cupidinis, il monumentale rudere ubicato nei pressi della basilica di S. Croce in Gerusalemme (in pianta: 12), all’interno del giardino del Museo di Fanteria, è quanto rimane di un’imponente aula rettangolare absidata con funzioni di rappresentanza inclusa nel perimetro della lussuosa residenza imperiale ad Spem Veterem, stabilita già in età severiana e trasformata in epoca costantiniana nel Palatium Sessorianum (COLLI 1996, n. 35 p. 789, pp. 789-795). Dell’edificio, in cortina laterizia di modulo cm 27-31, sussistono ancora la parete di fondo (lungh. m 24,60) e l’ampia abside di forma lievemente semiellittica, conservata in elevato fino alla base del catino e dell’arco (prof. m 10.50, per una luce di m 17.75). La parete dell’abside, spessa m 1.45, era in origine traforata da cinque ampie aperture arcuate (largh. m 3.50 x alt. 4.90?) intervallate da pilastri (largh. m 1.48), delle quali soltanto tre conservate; su di essa poggiava il catino absidale, in opera cementizia, alleggerito dall’inserimento di anfore nel punto di massimo spessore e decorato con cassettoni in stucco, questi ultimi documentati dai numerosi fori per chiodi visibili nell’intradosso. Dell’aula sopravvive inoltre l’innesto dei muri perimetrali, sui quali era impostata la copertura, a doppio spiovente su capriate lignee. Sia la parete di fondo, come quelle laterali di spessore relativamente esiguo (m 1.05), sia l’abside sono sostenute da massicci speroni radiali in opera laterizia a rastremazione discontinua (i maggiori dei quali, spessi m 3.35, perforati da ampie aperture). L’aula vera e propria, a navata unica e già erroneamente ricostruita da Lanciani e Colini sulla base del disegno ligoriano Vat. Lat. 13064, f. 163, in seguito giustamente ritenuto non pertinente, doveva essere lunga oltre m 40 e preceduta da una monumentale porticus colonnata su cui si affacciava anche un’altra aula absidata di dimensioni minori. Nulla sussiste in situ del rivestimento marmoreo parietale, la cui esistenza è comunque documentata sia dalle descrizioni di metà XVI secolo, sia dai numerosi fori di grappe per il fissaggio delle lastre visibili per tutta l’altezza dell’abside fino alla quota d’imposta del catino. Non si può invece escludere la sopravvivenza, parziale o in impronte, del rivestimento pavimentale, probabilmente in opus sectile marmoreo a grande modulo (usuale in questo tipo di edifici), che meriterebbe di essere verificata con saggi archeologici.
Estremi temporali: dal secolo IV d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologici
Data: non documentata
Regio V, Sessorium, "Tempio di Venere e Cupidine", opus sectile
Parte dell’ambiente: aula
Rivestimento con scansione: a copertura unitaria?
Tipo di impaginazione: non documentato
Cromia: policromo?
Pavimento in opus sectile marmoreo, verosimilmente a grande modulo. Del rivestimento non resta al momento alcuna traccia, anche se la sua presenza si ricava, per via indiretta dalle descrizioni di XVI secolo (L. FAUNO, Delle antichita della citta di Roma, Roma 1552, p. 100: “II tempio di Venere e Cupido fu di opera corinthia con belli ornamenti di pietre e stucchi come per li suoi vestigi si vede").
Estremi temporali: dal secolo IV d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (1° q)
Campo
Specifiche tecniche
Identificazione della Decorazione: geometrica
Tecnica Esecutiva: opus sectile (sectile a base marmorea)
INDIRIZZO WEB: http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=12116