L’edificio, di cui è attualmente visibile in situ solo parte del pavimento a suspensurae del calidarium, è ubicato nella piazzetta detta delle Terme Romane, già piazza de’ Puppi. Gli interventi che hanno riguardato il complesso si sono svolti in un lungo arco di tempo, a partire dai primi scavi condotti da Michele della Torre nel 1818. Egli portò alla luce vari ambienti, interpretandoli però come relativi alla sede di una magistratura cittadina. Circa un secolo dopo l’area fu oggetto di nuovi interventi, diretti da Ruggero Della Torre, cui fecero seguito gli scavi curati dalla Soprintendenza alle Antichità per le Venezie, condotti da Giuseppe Marioni nel biennio 1936-37. Al termine di questa campagna, i resti furono lasciati in situ e nel corso degli anni successivi andarono incontro ad un grave degrado. La sistemazione urbanistica della piazza nel 1953 comportò la prosecuzione degli scavi precedenti ma anche la distruzione dell’intero settore nord delle Terme, completamente obliterato dalle nuove costruzioni. Questi interventi confermano la sostanziale attendibilità della planimetria restituita da Michele della Torre, che viene allegata. Lo scavo incompleto del complesso rende tuttavia difficoltoso ricostruirne l’impianto planimetrico e il sistema di comunicazione tra i vari ambienti; la mancanza di dati incontrovertibili porta a conclusioni differenti: se Colussa, riprendendo l’ipotesi dello Stucchi, attribuisce al complesso la funzione di impianto termale pubblico, la Accornero è più propensa a considerare gli ambienti messi in luce come balneum privato di una domus. L’edificio era composto da dodici ambienti – alcuni dei quali (vani A, B, C, D ed E) con rivestimento pavimentale in tessellato e in sectile – disposti attorno ad un’area aperta centrale, in cui si è riconosciuta la successione frigidarium-tepidarium-calidarium. Riguardo il settore occidentale, composto da quattro vani collegati al resto del complesso tramite il corridoio F, i dati di scavo sono troppo limitati per poter proporre un’ipotesi circa la destinazione d’uso degli ambienti. La planimetria dell’edificio e alcuni ritrovamenti ceramici e numismatici datano l’edificazione del complesso almeno al I sec. d.C., mostrando una continuità d’uso fino alla prima metà del IV.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati archeologici ed epigrafici
Tessellato bicromo del tepidario delle Terme di Cividale Frammento di rivestimento pavimentale in tessellato bicromo. Per confronto con la documentazione grafica del 1819, si attribuisce al vano E la porzione di tessellato conservata al Museo Archeologico Nazionale di Cividale con inv. n. 16.
Il vano D della planimetria di Michele della Torre era caratterizzato da un’abside semicircolare profonda 2.72 m e larga 5.20 m. Il piano pavimentale era più basso di circa m 0.40 rispetto a quello dell’adiacente vano C, con il quale comunicava mediante una soglia aperta nella parete occidentale, larga m 1.27. I muri del vano, in ciottoli legati con malta e spessi circa 0.70 m, erano rivestiti internamente da uno strato di cementizio a base fittile spesso 0.15 m. Della Torre recuperò alcuni frustuli del rivestimento parietale in tessere vitree azzurre e blu con motivi policromi, forse fitomorfi. La base della parete era coperta da uno zoccolo formato da lastre di marmo bianco: la notizia è riportata dal Della Torre, che forse decise di asportarle; durante lo scavo il Marioni rinvenne in effetti due frammenti di marmo bianco, ora al Museo Archeologico Nazionale di Cividale, e individuò nel cementizio che rivestiva la parete le impronte di dodici lastre: ogni impronta misurava 0.65×0.60 m. Secondo il della Torre, il pavimento era costituito da lastre di alabastro, anch’esse asportate e non conservate; il rivestimento era caratterizzato da un parallelepipedo di marmo rosso "e" che misurava 0.60x 0.35 m, collocato al centro della stanza. In corrispondenza del punto segnalato dal Della Torre, Marioni riscontrò un’incisione rettangolare nel cocciopesto, che misurava m 1.27×0.85, probabilmente corrispondente al blocco di marmo rosso asportato dal Della Torre. Secondo lo Stucchi poteva trattarsi della base per una statua, mentre la Accornero, nella sua disamina critica sullo stato delle conoscenze relative alle Terme, ritiene che il dado di marmo potesse anche semplicement sorreggere il labrum per le abluzioni fredde. Il vano è stato generalmente interpretato come vasca i bagni freddi, ma la mancanza di dati relativi al sistema di adduzione idrica orienta la Accornero su posizioni più caute.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati archeologici ed epigrafici
Specifiche di rinvenimento Data: 1818
Lastricato in alabastro del vano D delle Terme di Cividale
Parte dell’ambiente: abside Rivestimento con scansione: a copertura unitaria Tipo di impaginazione: a campo omogeneo Cromia: monocromo
Lastricato in alabastro.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo I d.C. (1° q) al secolo IV d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati archeologici ed epigrafici
Accornero, E. 1982, Le terme romane di Forum Iulii (Cividale)., in Archeologia Veneta: rivista della Società Archeologica Veneta, Padova, pp. 67-68, 75.Stucchi, A. 1951, in Forum Iulii (Cividale del Friuli): Regio X, Venetia et Histria, Roma, p. 59.Tagliaferri, A. 1986, in Coloni e legionari romani nel Friuli celtico. Una ricerca per la storia. Volume secondo. Documenti., Pordenone, p. 363 C 21.
STRINGA BIBLIOGRAFICA: Brugnolo, Gaia, Lastricato in alabastro del vano D delle Terme di Cividale, in TESS – scheda 4501 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=4501), 2007