scheda

Pav. a commessi laterizi del presbiterio di Santa Maria delle Grazie
Grado ( GO )

Attualmente la basilica di Santa Maria delle Grazie, orientata in senso nord-est/sud-ovest, presenta pianta rettangolare con spazio interno suddiviso in tre navate. La navata centrale termina con un’abside staccata dal perimetrale di fondo e larga 4.05 metri e profonda 2.80 metri, ai lati della quale si dispongono due annessi simmetrici, coperti da volte a botte e collegati da un passaggio posto dietro l’abside. L’area presbiteriale, rialzata di due gradini, è caratterizzata da un recinto con pergula, ricostruito con materiali rinvenuti nel corso dello scavo di inizio Novecento che riguardò la navata centrale. Le murature esterne della basilica sono caratterizzate da lesene; la facciata a salienti presenta tre ingressi ed una grande trifora. La basilica fu sottoposta ad una serie di sondaggi archeologici all’inizio del Novecento, ad opera dell’architetto Vigilio De Grassi: essi confermarono la presenza di un livello pavimentale posto a circa 1.10-1.20 m di profondità rispetto a quello attuale. I successivi interventi di restauro ebbero l’intento di restituire all’edificio la sua originaria fisionomia medievale: questo comportò una serie di modifiche e integrazioni che alterarono la struttura della chiesa. Indagini legate al progetto di un secondo intervento restauro hanno recentemente consentito di ottenere nuovi dati sull’edificio, legati in particolare alle tre diverse fasi costruttive che lo hanno caratterizzato nel corso dell’Alto Medioevo. Nel primo periodo – che i dati disponibili datano con qualche incertezza tra la fine del V secolo e gli inizi del VI – il perimetro della basilica corrispondeva all’attuale: l’edificio presentava aula con camera rettangolare tripartita e abside interna, con navate divise da sei coppie di colonne. L’altezza dell’edificio, realizzato con mattoni romani di recupero e pietre spaccate di provenienza locale, era contenuta e la copertura doveva ricalcare quella a salienti odierna. Anche gli ingressi in facciata e quelli dei due annessi ai lati dell’abside si trovavano sul luogo degli attuali, mentre alcune delle finestre originarie sono state tamponate. Il passaggio dietro il catino absidale era aperto e i due annessi erano comunicanti; essi ebbero fin dall’inizio funzioni diverse, anche se non facilmente identificabili: è possibile che il vano nord, nel quale sono state trovate tracce di un lavabo ed erano altresì presenti cinque nicchie, fosse destinato all’esposizione delle reliquie. A questa prima fase sono attribuibili due pavimenti in cementizio e a commesso laterizio relativi rispettivamente ai pastoforia e alla zona presbiteriale, mentre per il tessellato della navata meridionale – solitamente collocato nel periodo iniziale di edificazione – la Cortelletti pensa ad una fase successiva.
La seconda fase costruttiva corrisponde ad un intervento di rinnovamento della basilica legato forse al trasferimento delle reliquie di Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma (al di sotto della mensa su cui poggiava l’altare sono stati infatti rinvenuti due loculi per reliquie) e allo spostamento della sede episcopale in laguna da parte del patriarca Paolo. La testimonianza delle cronache medievali fornirebbe in questo caso un preciso riferimento cronologico, confermato dai ritrovamenti archeologici: la Cortelletti pensa all’epoca dei vescovi Macedonio (542?-558) e Paolo (558-570). A questa fase va riferita la realizzazione del recinto sopraelevato antistante l’abside, il banco presbiteriale, la cattedra vescovile e l’ambone, questi ultimi indicatori di una presenza più stabile del vescovo. Ulteriori interventi riguardarono l’area degli annessi ai ati dell’abside e la facciata, a ridosso della quale fu realizzato un vestibolo. Vennero altresì realizzate una serie di pavimentazioni in opus sectile nella zona del catino absidale, del recinto antistante l’abside e della navata centrale, questi ultime non più esistenti. L’estensione della ristrutturazione interna spinge la Cortelletti ad attribuire a questa seconda fase anche il tessellato con epigrafi di offerenti della navata meridionale, rimasto limitato a questo settore dal successivo rifacimento dell’edificio.
La terza fase di interventi è, secondo la Cortelletti, imputabile alle infiltrazioni d’acqua piuttosto che ad un incendio – tesi sostenuta dallo Zovatto -, di cui oggi non restano tracce riscontrabili. La basilica venne rialzata e parzialmente ricostruita, con una riorganizzazione anche dei volumi interni. I pavimenti del presbiterio e degli annessi ai lati dell’abside vennero asportati e ricomposti sul nuovo livello, mentre le pavimentazioni delle navate laterali e centrali vennero rifatti ex-novo. La terza fase costruttiva viene assegnata su base stilistica all’epoca del vescovo Elia (571-587).
Cronologia
Estremi temporali: dal secolo V d.C. (1° q) al secolo VI d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati stilistici ed archeologici
Cementizio del diaconico di Santa Maria delle Grazie
Rivestimento pavimentale in cementizio a base fittile

Cementizio della prothesis di Santa Maria delle Grazie
Pavimento in cementizio a base fittile

Santa Maria di Grado, prothesis, tessellato
Rivestimento pavimentale in tessellato policromo con decorazione geometrica, interamente conservato ed attualmente visibile all’interno della prothesis nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. La particolare pianta del vano determina la presenza di una fascia di raccordo di forma irregolare nella parte del vano retrostante il catino absidale, che si adatta al profilo curvilineo dell’ambiente.

Sectile del presbiterio di Santa Maria delle Grazie
Pavimento in opus sectile con decorazione geometrica

Sectile dell’abside di Santa Maria delle Grazie
Pavimento in opus sectile policromo, integralmente conservato e attualmente visibile nell’abside della chiesa.

Tessellato del diaconico di Santa Maria delle Grazie
Rivestimento pavimentale in tessellato policromo con decorazione geometrica, interamente conservato ed attualmente visibile all’interno del diaconico nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. La particolare pianta del vano determina la presenza di una fascia di raccordo di forma irregolare nella parte del vano retrostante il catino absidale, che si adatta al profilo curvilineo dell’ambiente.

La zona dell’altare era probabilmente caratterizzata in origine da un pavimento in mattoni romani bessali (19×19 cm) posto allo stesso livello delle navate e parzialmente conservato ai lati dell’abside: infatti il pavimento del presbiterio, rialzato in epoca successiva, gli si sovrappone, L’area antistante l’abside venne rimaneggiata nel corso della seconda fase costruttiva: si realizzò un’area recintata e rialzata di un gradino rispetto al piano delle navate. Attualmente della recinzione è conservato solo parte del perimetro, visibile sotto la navata mediana: si tratta in particolare dei gradini collocati verso la navata centrale. L’area venne rivestita da un pavimento in opus sectile che fu strappato contestualmente ai lavori di ricostruzione dell’edificio ad una quota più alta: si possono tuttora distinguere le impronte delle lastrine nella preparazione di malta nella zona a nord della base d’altare. Nel corso della terza fase costruttiva l’area presbiteriale fu rialzata di due gradini e portata al livello attuale; essa fu inoltre pavimentata con il rivestimento in sectile del livello inferiore, che fu asportato e ricomposto. Venne inoltre realizzata una nuova e più profonda recinzione presbiteriale, più avanzata rispetto al quadratum populi rispetto a quella precedente. A questa fase va probabilmente attribuita anche l’esecuzione della solea, come risulterebbe da alcuni documenti d’archivio: essa parrebbe essere stata asportata nel corso degli interventi che riguardarono la chiesa all’inizio del Novecento.Nel corso dei medesimi lavori, il sectile del presbiterio fu asportato per consentire l’esecuzione degli scavi archeologici, e venne poi ricollocato in situ. Dalla documentazione fotografica d’archivio si nota però che al termine dei lavori il pavimento non fu ricomposto esattamente come prima.
Cronologia
Estremi temporali: dal secolo V d.C. (1° q) al secolo VI d.C. (4° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologici

Specifiche di rinvenimento
Data:
non documentata

Pav. a commessi laterizi del presbiterio di Santa Maria delle Grazie

Parte dell’ambiente: intero ambiente
Rivestimento con scansione: non documentato
Tipo di impaginazione: a campo omogeneo
Cromia: monocromo

Pavimento a commessi laterizi parzialmente conservato ai lati dell’abside e forse limitato all’area dell’altare.

Cronologia
Estremi temporali: dal secolo V d.C. (4° q) al secolo VI d.C. (1° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologici

Bordo

Elemento non presente

 

Campo

Specifiche tecniche
Identificazione della Decorazione: assente
Tecnica Esecutiva: a commesso di laterizi

 
 

Oggetto conservato: parte del pavimento – Conservato in: situ (Chiesa di Santa Maria delle Grazie)

Cortelletti, M. 2003, Nuove indagini sulla chiesa di Santa Maria delle Grazie di Grado: analisi stratigrafica degli alzati, in Archeologia dell’Architettura, Firenze, p. 199.
Cortelletti, M. 2006, Santa Maria delle Grazie di Grado, in Aquileia dalle origini alla costituzione del ducato longobardo. L’arte ad Aquileia dal sec. IV al IX, Atti della XXXVI settimana di studi aquileiesi (Aquileia, 18-21 maggio 2005), Trieste, p. 339.

DATA SCHEDA: 2009 | AUTORE: Brugnolo Gaia | REF. SCIENT. : Ghedini Elena Francesca
STRINGA BIBLIOGRAFICA: Brugnolo Gaia, Pav. a commessi laterizi del presbiterio di Santa Maria delle Grazie, in TESS – scheda 7607 (http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=7607), 2009

INDIRIZZO WEB: http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=7607


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