Presso il comune di Atina, nella valle di Comino, furono effettuati numerosi lavori pubblici volti allo sgombero degli edifici pericolanti ed alla costruzione di nuovi abitati a seguito dell’ultimo conflitto bellico. In questa occasione nei pressi della strada provinciale Sferracavalli, parallela a via Virilassi, vennero alla luce alcuni ruderi di epoca romana. Nello specifico presso l’edificio A, durante alcuni lavori di fondazione effettuati nel 1946 che raggiunsero una profondità media variante tra i 2 ed i 4 m, fu rinvenuto un ambiente a pianta rettangolare colmato da un terreno di riporto caratterizzato da elementi in laterizio, ossa di animali, ceneri e carboni. Del vano si conservano per ca. 2 m porzioni della muratura S, realizzata in opera laterizia; a N si individuarono ulteriori lacerti delle murature perimetrali, inclinate verso l’interno dell’ambiente. Le pareti dovevano avere una zoccolatura marmorea: numerosi sono i frammenti dell’arredo parietale rinvenuti in situ, in marmo bianco con venature nere, in giallo antico a doppia cornice, ed in marmo bianco con venature nere (questi ultimi privi di cornici e di lavorazione meno accurata rispetto ai precedenti, forse relativo ad una pavimentazione). Il vano risultò fortemente inclinato verso l’interno dove al centro fu rinvenuto un chiusino marmoreo al di sotto del quale era visibile un pozzetto provvisto di due canali di scolo. L’ambiente era rivestito da un mosaico bicromo bianco nero a riquadri caricati da elementi geometrici e da figure di guerrieri, quasi completamente integro. L’ambiente fu obliterato, con tutta probabilità, a seguito di un terremoto e l’area fu colmata da macerie e detriti accumulatisi nel corso dei secoli. A detta di G. Scaccia Scarafoni, responsabile dello scavo, l’ambiente potrebbe essere pertinente ad una domus; forse si trattava di un tablino con impianto per lo smaltimento delle acque piovane provenienti dall’impluvio. Secondo la testimonianza di A. Mancini, studioso locale, in prossimità del vano mosaicato fu rinvenuto un secondo tessellato che fu poi reinterrato per consentire la prosecuzione dei lavori (pianta loc. edificio tratta da Cancellieri 1977, fig. p. 56; pianta edificio tratta da Enea nel Lazio: archeologia e mito. Bimillenario virgiliano, Roma, 22 settembre-31 dicembre 1981, Roma 1981, fig. p. 62).
Cronologia Estremi temporali: dal secolo IV a.C. (1° q) al secolo V d.C. (3° q)
Ambiente a pianta rettangolare di cui si conservano per ca. 2 m porzioni della muratura lungo il lato sud, realizzata in opera laterizia; a nord si individuarono ulteriori lacerti delle murature perimetrali, inclinate verso l’interno dell’ambiente. In origine le pareti dovevano avere un rivestimento marmoreo, come comprovano i numerosi frammenti di arredo parietale rinvenuti in situ, tra cui lastre di marmo bianco a venature nere ed in giallo antico a doppia cornice, ed in marmo bianco con venature nere (queste ultime sprovviste di cornice e di lavorazione meno accurata rispetto alle precedenti, forse relative ad una pavimentazione). Il vano, fortemente inclinato verso l’interno, conserva al centro un chiusino marmoreo connesso ad un pozzetto provvisto di due canali di scolo. L’ambiente era pavimentato da un tessellato bicromo bianco nero a riquadri caricati da elementi geometrici e da figure di guerrieri, conservato quasi per intero. Verosimilmente il vano fu obliterato da un terremoto, a seguito del quale tutta l’area fu colmata da macerie e detriti accumulatisi nel corso dei secoli. Secondo G. Scaccia Scarafoni, che effettuò lo scavo, l’ambiente potrebbe essere pertinente ad una domus; nello specifico, esso potrebbe essere identificato come un tablino munito di impianto per lo smaltimento delle acque piovane provenienti dall’impluvio.
Lunghezza: 10,20 m – Larghezza: 7,90 m
Cronologia Estremi temporali: dal secolo IV a.C. (1° q) al secolo V d.C. (3° q)
Specifiche di rinvenimento Data: 1946
Via Sferracavalli, mosaico con guerrieri
Parte dell’ambiente: intero ambiente Rivestimento con scansione: a copertura unitaria Tipo di impaginazione: iterativa Cromia: bicromo
Pavimento a mosaico quasi completamente integro ad eccezione di una lacuna visibile presso il lato destro, fortemente pendente verso il centro dove si apriva un tombino. Una fascia caratterizzata da una fila di quadrati adiacenti in colori contrastanti caricati da una coppia di squadre affrontate e tangenti circoscrive una composizione ortogonale di meandri a doppie T e di quadrati (15). I quadrati sono campiti rispettivamente da quadrati a lati concavi su fondo bianco arricchiti da foglie di edere disposte lungo i quattro lati e da figure di guerrieri armati vestiti unicamente da clamide.
Cronologia Estremi temporali: dal secolo II d.C. (1° q) al secolo II d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici
Misure Lunghezza: 8,60 m; Larghezza: 5,50 m; Caratteristiche della preparazione Tipo di preparazione: La preparazione sottostante si compone di uno strato di malta di cm.10/16 arricchito da inclusi ceramici di grandi dimensioni poggiante su un battuto di argilla compressa di cm.3.
Specifiche tecniche Lunghezza: 8,60 m – Larghezza: 5,50 m Identificazione della Decorazione: geometrica Tecnica Esecutiva: tessellato (tessellato senza inserti)
Decorazioni geometriche
Motivo
Modulo
Riempimento
DM 13b – Fila di quadrati adiacenti in colori contrastanti caricati da una coppia di squadre affrontate e tangenti (formanti file oblique di quadratini sulla diagonale tangenti)
Oggetto conservato: pavimento – Conservato in: edificio pubblico (Palazzo Ducale Cantelmo) Il pavimento presentava numerosi avvallamenti, soprattutto sul lato destro, verosimilmente provocati dai crolli delle strutture in antico. Si notano diverse tracce di usura, soprattutto in prossimità delle zone di passaggio dell’ambiente. Restauri antichi: Sono visibili alcuni restauri realizzati in antico di grossolana fattura, effettuati con tessere di dimensioni maggiori rispetto a quelle originali Restauri moderni: Il pavimento fu asportato e trasportato presso il Museo Nazionale delle Terme di Diocleziano a Roma, dove fu restaurato e posizionato su un supporto rigido, ad eccezione del bordo geometrico. Condizione giuridica: proprietà Stato
Bellini, G. R. 1989, Un mosaico con pesci in loc. Carpello (Campoli Appennino)., in Terra dei Volsci. Contributi 1988, Sora, p.23.Beranger, E. 1980, Testimonianze archeologiche restituite dall’agro atinate., in Documenta Albana, p.81.Beranger, E. 1984, Viaggio attraverso i Musei e le raccolte private della Provincia di Frosinone., in La Provincia di Frosinone, Inserto Speciale, p.8.Innico, P. C. 2006, Atina., in Le collezioni dell’Aerofototeca Nazionale per la conoscenza del territorio: la Provincia di Frosinone, Frosinone, p. 82.Mancini, A. 1994, in La storia di Atina. Raccolta di scritti vari., Bologna, p.965, figg.5-6 p.1074, figg.1-4 p.1075.Scaccia Scarafoni, G./ Aurigemma S. 1951, Atina (Frosinone). Scoperta di un pavimento in mosaico., in Notizie degli Scavi di Antichità. Atti dell’Accademia Nazionale dei Lincei., pp.108-115, fig.2 p.109, fig.3 p.110, fig.5 p.112..