In località Vadorosso, presso le pendici sud-occidentali del Colle Barano, in prossimità di un antico asse stradale pedemontano di collegamento tra Ferentino ed Anagni, sono stati localizzati i ruderi di una villa romana. La cronologia della struttura è incerta; da un’analisi della tecnica edilizia, si può ipotizzare un primo impianto databile nel corso del II sec. d.C., con rifacimenti e restauri nel corso dei secoli successivi. La villa fu individuata per la prima volta nell’Ottocento da F. Bono, che credette di aver rinvenuto i ruderi di un impianto termale. Nel corso della ricognizione lo studioso rinvenne inoltre alcuni frammenti di rivestimento pavimentale in tessellato policromo. F. Bono ipotizzò senza prove concrete l’appartenenza dell’edificio a Cornelia Salonina, ricordata in un’iscrizione conservata presso la vicina chiesa di S. Giovanni Evangelista (CIL X, 5828) o, su base toponomastica, a Publio e Marco Saloniei, menzionati in una seconda epigrafe (CIL X, 5847), per la vicinanza della villa alla c.d. Torre Cornella, detta anche Torre Saloni. Nel corso di una seconda e più dettagliata ricognizione effettuata da A. Valchera, studioso locale, negli anni Novanta, furono intercettati i ruderi dell’edificio, che si sviluppava su tre terrazzamenti posti a quote differenti. Presso il terrazzo superiore si conservano almeno 7 ambienti disposti in senso est-ovest di cui i vani centrali (II,III,IV) erano verosimilmente adibiti a cisterne. Dell’ambiente I (m 12×3,40) si conserva la parete di fondo e quelle laterali con cortina esterna in opera laterizia. La parte settentrionale del vano, fornita di un piccolo andito, è coperta da una volta a botte; più a sud, il sistema di copertura era invece caratterizzato da una volta a crociera, di cui rimangono i pennacchi. Nell’angolo nord-occidentale, in corrispondenza dell’imposta della volta, è presente un tubo fittile incassato nella muratura. Gli ambienti II (largh. m 4,10 ca.) e III (largh. m 4,15 ca.) conservano unicamente il muro di fondo privo della cortina esterna; il setto divisorio tra i due vani è visibile solo in parte. Analogamente al vano I, l’ambiente III conserva un tubo fittile incassato nella muratura in prossimità dell’angolo nord-orientale. L’ambiente IV conserva parzialmente la parete occidentale, priva di paramento. Presso il muro di fondo è presente un’apertura ad arco che immette in un primo ambiente retrostante (IVa) rivestito in opera laterizia (m 3,28×2,88) fatta eccezione per la parete di fondo, con cortina in opera listata, verosimilmente frutto di un rifacimento successivo. Il vano doveva avere una copertura con volta a crociera, di cui rimangono poche tracce. Dall’ambiente, tramite un’apertura, si aveva accesso ad un secondo ambiente (IVb) a pianta rettangolare, con pareti in opera laterizia e copertura con volta a botte, al centro della quale è visibile un’apertura forse pertinente ad un pozzo. Infine, ad est del vano IV si conservano i ruderi dell’ambiente V, visibile solo in minima parte: i muri perimetrali sono crollati e circondati dai rovi. Verso sud gli ambienti erano definiti da una serie di pilastri e murature di epoca posteriore a quella di primo impianto, pertinenti a strutture non documentabili. Ad ovest degli ambienti sono visibili vani voltati che dovevano sostenere un secondo terrazzo, di dimensioni minori; ulteriori murature sono state individuate a m 8 in direzione sud. A m 11 dal complesso principale è infine visibile il rudere di un ambiente a pianta rettangolare di cui si conservano le murature settentrionali ed orientali in opera cementizia; sul piano pavimentale, è visibile l’imboccatura di un pozzo in opera laterizia. Nel corso della ricognizione non è stato possibile rinvenire i frammenti di rivestimento pavimentale precedentemente individuati da F. Bono (pianta loc. edif. da Valchera 1998, fig. 1 p. 112; pianta edif. tratta da idem, fig. 2 p. 113).
Cronologia Estremi temporali: dal secolo II d.C. (1° q) al secolo II d.C. (4° q) Motivazione della cronologia: dati stilistici
Parte dell’ambiente: non determinata Rivestimento con scansione: non documentato Tipo di impaginazione: non documentato Cromia: policromo
"Pianciti di musaico colorato tutti rovinati dal tempo e dall’incuria" (Valchera 1998, p. 112). I lacerti musivi furono rinvenuti nell’Ottocento da F. Bono; nel corso di una seconda ricognizione effettuata negli anni Novanta da parte di A. Valchera non fu possibile individuare i frammenti di pavimentazione.
Valchera, A. 1998, Una villa romana in territorio di Ferentino., in Terra dei Volsci. Annali del Museo Archeologico di Frosinone, Frosinone, p.112.Venditti, C.P. 2011, in Le villae del Latium adiectum. Aspetti residenziali delle proprietà rurali., Bologna, p. 133, n. 89.