Fra 1936 e 1937, presso la chiesa di Sant’Omobono (all’incrocio tra l’odierna via L. Petroselli e il Vico Jugario, nell’area dell’antico Foro Boario), furono rimessi in luce – a seguito degli sterri e delle demolizioni effettuati per l’apertura della via del Mare – cospicui resti di stratigrafie, strutture e livelli pavimentali databili lungo un arco di tempo compreso fra la protostoria e la piena età imperiale. La sequenza stratigrafica, molto complessa, vede la sovrapposizione, ai resti di una capanna di VIII secolo a.C., di un’area di culto con altari e resti di pasti rituali, dalla quale proviene un frammento vascolare con iscrizione etrusca, una delle più antiche rinvenute a Roma. La monumentalizzazione dell’area viene avviata a partire dai primi decenni del VI secolo, con la costruzione di due templi, dei quali uno solo è stato individuato a notevole profondità e in posizione obliqua al di sotto delle fondazioni della chiesa. Si trattava di un tempio etrusco-italico con un alto podio in tufo, elevato in legno e mattoni crudi e cella unica con due colonne sulla fronte, al centro delle quali era collocata una breve scalinata di accesso. A questo edificio sono state ricondotte le grandi lastre di rivestimento in terracotta, le quattro volute acroteriali e il celebre gruppo frontonale raffigurante Eracle ed Atena, recuperati nel corso degli scavi e oggi alla Centrale Montemartini. Alla fine del VI secolo a.C. il tempio fu sistematicamente distrutto; dopo un secolo di abbandono il livello dell’area fu innalzato di circa 4 m per la ricostruzione dei due templi gemelli di Fortuna e Mater Matuta, con orientamento leggermente diverso rispetto al tempio arcaico. Sottoposti successivamente a diversi interventi di ripristino dopo incendi e distruzioni (in particolare quello del 213 a.C., che devastò anche il vicino foro Olitorio), i templi furono restaurati in epoca adrianea (117-138 d.C.). Attualmente nell’area è visibile solo il tempio della Fortuna, dal momento che la cella della Mater Matuta fu trasformata (forse verso la fine del V secolo d.C.) in edificio di culto cristiano. La chiesa, nota nei documenti medievali come S. Salvatore in Portico, fu restaurata nuovamente nel XII secolo (rialzamento del presbiterio, rivestito da pavimenti cosmateschi); nel 1482 l’edificio di culto fu integralmente ricostruito con orientamento opposto al precedente e dedicato nel 1575 a S. Omobono. Pianta edificio tratta da RAMIERI 2011.
Estremi temporali: dal secolo IV a.C. (1° q) al secolo V d.C. (3° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologico-stratigrafici, stilistici ed epigrafici
Pavimento in cementizio a base fittile (cocciopesto), a campo omogeneo e senza inserti, spesso cm 8.5; un breve lacerto nell’angolo SE del vano conserva ancora tracce di rivestimento superficiale in stucco. Copre una più antica pavimentazione a grandi tessere fittili (v. scheda).
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, cementizio a base litica
Pavimento in cementizio ("graniglia bianca") a base litica (scaglie di travertino) conservato per un breve tratto nell’angolo SW del vano ed asportato nel corso degli scavi (1968). Copriva un precedente livello pavimentale a grandi tessere fittili (v. scheda). Noto soltanto da citazione bibliografica, manca la documentazione fotografica.
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, opus sectile
Lacerto di pavimento in opus sectile marmoreo a grande modulo, rinvenuto nella zona corrispondente al presbiterio della chiesa quattrocentesca, formato da una lastra quadrangolare di marmo africano (lato m 1.03), delimitata su tre lati da un listello di porfido rosso (cm 5). Il motivo, riconosciuto in un tratto pavimentale addossato al lato W della cella, era probabilmente ripetuto sul lato opposto, dove è stato rinvenuto un frammento di listello di porfido analogo al precedente ed allineato con il pannello di africano.
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, p. a grandi tessere fittili
Pavimento a grandi tessere di laterizio ("a cubetti di cotto"). Coperto da un successivo livello pavimentale in cementizio a base fittile (v. scheda). La posizione nella sequenza stratigrafica permette di datare il pavimento ad una fase di restauro posteriore all’incendio del 213 a.C.
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, p. a grandi tessere fittili
Pavimento a grandi tessere di laterizio ("a cubetti di cotto"). Coperto da un successivo livello pavimentale in cementizio a base litica (v. scheda). La posizione nella sequenza stratigrafica permette di datare il pavimento ad una fase di restauro posteriore all’incendio del 213 a.C.
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, tempio occidentale, cementizio con tessere
Pavimento in cementizio a base fittile decorato con tessere musive rosse (fittili), bianche e nere (litiche) irregolarmente sparse sulla superficie. Se ne conservano due porzioni: una, più piccola, verso N (m 2.85 x 1.23) e l’altra, più estesa, verso S (m 3.08 x 4.46). Identificabile con il "cocciopisto con pietruzze bianche, nere, rosse" segnalato nei diari Colini alla data del 31/12/1936. Appartengono alla medesima stesura anche diversi frammenti erratici rinvenuti nel 1969 nel corso di scavi eseguiti all’interno della stessa cella.
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, tessellato
Pavimento in tessellato bianco, con campo omogeneo di tessere bianche in ordito rettilineo (DM 105a) delimitato da cornice perimetrale nera di sette filari di tessere in ordito rettilineo. Se ne conservano tre porzioni (m 1.31 x 0.67; 1.10 x 0.87; 0.63 x 0.66).
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, tessellato, frammenti
Frammenti erratici di tessellato monocromo ad ordito di filari paralleli (DM 105a) con tessere piccole e medie di colore nero (cm 1 x 1.4; 2 x 1,8); alcuni frammenti con una o quattro file tessere bianche (cm 1 0.8 x 1.3; 1.8 x 1.7) sono probabilmente parte di cornici perimetrali. E’ conservato lo strato di allettamento delle tessere, non descritto.
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, tessellato, frammento
Frammento di mosaico a tessere nere abbastanza irregolari (lato cm 1-2) e bianche (ne resta una, cm 0.8 x 1) proveniente dal "primo strato" del settore del donario. E’ conservato lo strato di allettamento delle tessere, non descritto.
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, tessellato, frammento
Frammento di tessellato monocromo ad ordito di filari spezzati (DM 105b), con tessere irregolari nere di dimensioni medie e grandi (lato da cm 1.5 a 3). La preparazione è costituita da uno spesso strato di cementizio a base mista (frammenti fittili e scaglie di travertino), su cui aderisce uno strato più sottile di cementizio a base fittile ("tritume di laterizio e malta").
Ambiente a pianta quadrangolare e funzione incerta ubicato nel settore SW dell’area. In base a quanto riportato nel rilievo grafico eseguito nel 1970 l’ambiente era rivestito con un pavimento in cementizio, non riscontrato nei più recenti sopralluoghi (2010). Manca la documentazione fotografica.
Estremi temporali: dal secolo IV a.C. (1° q) al secolo V d.C. (3° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologici
Data: non documentata
Regio VIII, area sacra di S. Omobono, cementizio
Parte dell’ambiente: intero ambiente
Rivestimento con scansione: non documentato
Tipo di impaginazione: a campo omogeneo?
Cromia: monocromo?
Pavimento in cementizio, a base non determinata, riportato nel rilievo grafico eseguito nel 1970 ma non riscontrato nei più recenti sopralluoghi (2010).
Estremi temporali: dal secolo IV a.C. (1° q) al secolo V d.C. (3° q)
Motivazione della cronologia: dati archeologici
Campo
Specifiche tecniche
Identificazione della Decorazione: non documentato
Tecnica Esecutiva: cementizio
INDIRIZZO WEB: http://tess.beniculturali.unipd.it/web/scheda/?recid=11290